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lasciò scritto nel suo Periplo: „Hic enim nova Pharus jacet, graeca insula, atque Issa insula, et haec graeca oppida". Per il che ci pare un pò strano il racconto del Sign. Catalinich a questo proposito (Veggasi il lib. 1. c. 4. Storia della Dalmazia).

Mostrata come falsa questa notizia, necessariamente cadono le sue conseguenze, che da Lissa, cioè si dilatarono in seguito i Siciliani nell' opposta spiaggia, e ch'essi furono i fondatori della città Tragurium, Ission, Etisma ed Epezio, all' incontro si conforta vieppiù l' opinione, che questi luoghi tutti traggono origine da un'altro popolo, cioè Pelasgico, che fin'da primissimi tempi occupava queste contrade.

Ed a maggiore sostegno delle verità fin'ora di nostrate, nonchè per allontanare maggiormente l'epoca dell' erezione della città di Lissa, e più luminosamente dedurre lo stato sociale avvanzato in lei ne' primissimi tempi dell' istoria nostra, lasciando da banda le molte pietre incise di pregio e di data antichissima, soltanto ci sia lecito recare qui sotto le quattro iscrizioni greche dissotterrate a Lissa, tra quali le prime due, fatte di pubblica ragione dal Ciriaco, le altre riportate da Steinbüchel nel suo viaggio in Dalmazia, tutte di fresco pubblicate da Boeckh nell' insigne opera „Corpus Inscriptionum Graecarum al n. 1834 1837.

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L'iscrizione venne dissotterrata tra i ruderi dell' anfiteatro nell' agro hissano (C. Cyriac. p. XXIII, n. 152 et ex suis et lyriaci schedis Murat. p. MDCLXVII. 4).

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Trovasi a Lissa come la prima (Cyriac. p. XXIII. n. 153 et ex schedis ejusdem Holsten. Nott. et Castigg. ad Stephan. By. 2. p. 344). Intorno a Di:.na Ferea vedi Callinaco (in Dian. 259) e Spanhem. Il culto di questa dea nato a Fere in Tessaglia, si diffuse in Sicione, in Argo ed in Atene (Pausan. II. 10, 6, 23.5). A ciò pure allude Stesych, Φερέα (φευαία). Αθήνησι ξενικὴ Θεός. οἱ δὲ την Εκάτην.

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Quest' iscrizione leggesi a Spalato sopra un frammento di marmo (Steinb. n. 1832, p. 18, n. 10), e riguarda le imposte.

Εὔβουλος Σωδάμου

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ΕΥΒΟΥΛΟΣΣΩΔΑΜΟΥ

Eubulo (f. di Sodamo.

Vi reca un titolo sepolcrale (Steinb. 1832, p. 18, n.[11).

Dal suesposto gli è chiaro adunque, che fin dai primi secoli Lissa governossi a republica, die' validissimo ajuto ai Farii contro gli Illirici, e finalmente avendo dato asilo ai profughi Illirici, che avevano eccitata una terribile rivolta contro la lor regina Teuta, questa ordinò al suo esercito di cingerla d'assedio. Intanto i Romani non potendo più soffrire le piraterie degl' Illirici, stanchi de' danni che cagionavano per tal modo alla romana potenza, deliberarono in senato di spedir loro due ambasciatori, onde prendessero esatta informazione su' fatti e le convenienti soddisfazioni reclamassero. Ma l'orgogliosa regina non die' ascolto alle imperiose doglianze degli ambasciatori, ch' anzi avendo lasciato ne fosse uno alla sua presenza freddato, provocò le vendette romane a tale, che il senato le mandò tostamente contro un formidabile esercito navale e pedestre sotto gli ordini di Cajo Fulvio e di Aulo Postumio. Costoro asseggiata e vinta Corfù, a Lissa

si ridussero, ove, sciolto l'assedio, costrinsero l' infelice Teuta ad implorare la pace; e le fù data, ma dura. In forza di questa Lissa restava sotto la protezione de' Romani. Ma alcuni anni dopo, caduto Genzio, ultimo rè dell' Illirico, Lucio Anuccio, pretore in Scuttari, restituì la libertà agli Illirici, e dichiarò i Lissani non solo liberi, ma sciolti eziandio da qualunque tributo. Lissa dappoi si tenne sempre in amichevole relazione coi Romani, fino a che nuovamente cadde sotto il dominio loro, e Plinio già la pone tra le città romane (1. 3, c. 26).

L'epoca di libero reggimento in Lissa ci viene luminosamente aditata dal grande numero di medaglie, che tutto giorno si dissotterrano nell' agro Lissano ed altrove, e che recano l'iscrizione IΣ ovvero IC. I numismatiei vissuti fino alla metà del passato secolo, che troppo avevano pieno il capo delle città e de' luoghi della Grezia, attribuivano tali monete non solo all'isola Ischia presso Napoli, ma pur anco ad Iso di Beozia, e ad Istiea di Negroponte, e lo stesso Arrigoni, vista una medaglia coll' intera iscrizione IZZA, erane incerto, se debba ascriverla all' Issa nostra ovvero a Lesbo ora Metelino nell' Egeo, giacchè Lesbo pure, per testimonianza di Strabone s' addimandava anticamente Issa: „cum Lesbus antea Issa vocata esset”. Ma i celebri Eckhel e Neumann, e prima di loro l' Ab. Fortis ed il nostro Camaraneo, e di fresco il classico Mionnet nel II tomo della sua opera „Description des médailles antiques à Paris 1807" stabilirono che all' Issa dalmatica tali monete indubitalamente si riferiscono. I tipi delle monete di Lissa appo noi sono i seguenti:

1. 12 Navis )( Cantharus mod. 2.

2. Diota )( Botrus mod. 4 (Confr. Caraman MS. Pell. 3. Tab. 102. Eck. n. v. 107. e D. N. V. 3. 88.).

3. Caput virile et imberbe corona victa redimitum ad sin. )( Botrus mod. 21/2.

4. Sas vel scrofa ad sin. )( Botrus. mod. 22.

5. Caput Palladis galeatum ad sin. )( cerva currens ad dex. 33.

6. Ead. repraes. ad dex. )( IE. Capra stans ad dex. m. 44.

7. Caput muliebre ad dex. )( Botrus. 22.

8. Caput Palladis galeatum )( IC Caper stans.

Tipi di Issa pubblicati da:
Eckhel

1. Caput Palladis )( IC Caper stans.
2. Caput Palladis )( IZ Cerva stans.

Neumann

1. Caput Palladis )( IΣ Hircus stans.

2. Caput Palladis )( 12 litteris retrogradis.

3. Caput Palladis )( I litteris retrogradis. Cerva stans dextrum pedem elevat, cui volucer imminet.

4. Protome virilis imberbis nuda )( IΣ diota.

1. Grappe de raisin )( I diota.

Mionnet

2. ΙΣΣΑ Tête de femme )( ΙΣΣΑ Astre.

3. Tête de Pallas à droite )( IΣ Chèvre marchante à droite.

4. Même tête )( IE INET. Une bidue à droite.

5. Même tête )( Σ même type.

Sul rovescio del maggior numero di queste monete havvi il groppolo d'uva, che simbolleggia Bacco; segno evidente del principale prodotto di quest' isola ne' primi tempi; sendo ben noto secondo Agatarchide, storico di Gnido, come scrive Ateneo, ch' ella produceva per l'innanzi dei vini eccellenti, che tenevano sugli altri il primato. La nave eziandio, che alcune recano nell' esergo, attesta il grande amore, che i Lissani nell' età prisca avevano posto nella navigazione, e per cui si resero illustri nell' istorie romane i lembi lissani. Anco gli altri emblemi, che vi si scorgono in gran copia su queste medaglie, si riferiscono tutti allo stato sociale ben avvanzato di quest' insigne republica.

Curzola.

(Corcyra Maelena.)

Molte notizie ci furono tramandate dagli scrittori antichi intorno le deduzioni delle colonie, ma la maggior parte di quelle o si contengono in poetici lavori, o sono talmente oscure, che si dura fatica a comprenderle chiaramente. A questo numero appartiensi a dir vero quella, riportata da quanti fin' oggi scrissero delle cose nostre, che Antenore viaggiando co' suoi Trojani verso le venete contrade per fondare un regno, toccasse l'isola Curzola e piantassevi colà una colonia. Ma egli è questo un' errore, ch'omai pel classico volgarizzamento de' più antichi storici ch'abbia la republica letteraria, tra quali di Ditti e di Darete, fatto di recente dal Cav. Compagnoni, dev' essere affatto tolto dai patri scritti. Quell' illustre personaggio nella prefazione ebbe a porre in piena luce non solo l'autenticità dell' istorie di que' due valenti scrittori, ma eziandio vi dimostrò esser in esse „un certo fondo di verità, il quale invano si cercherebbe altrove, e che ad onta delle alterazioni, sono documenti preziosissimi tramandatici dall' antichità, nei quali si contiene il germe vero" e ch' esse possono somministrare „copioso argomento a chiunque le voglia attentamente considerare e rilevare quali sieno in proposito di antichissime cose i veri elementi, de' quali il buon criterio può giovarsi."

Noi dunque traendo profitto da questi preziosissimi documenti, siamo i primi ad avvertire, che Antenore ne vi fondò colonia a Curzola, ne circa i dintorni di Padova il regno, ma che rimase bensi dopo la distruzione di Troja col consenso de' vincitori, ed in premio del suo tradimento a danno della sua patria, rè della Troade e d'altri paesi dell' Asia Minore. Diremmo altresi coll' autorità de' più sopra nominati scrittori, che Enea solcando il mare a ventura, perchè cacciato da Antenore, toccò l'isola Curzola, ove fondò una città, che chiamossi Corcyra Moelena. Ed a sostegno di tutte queste verità giova qui riportare i brani di questi storici. Distrutta Troja, i Greci consultando sulla partenza, Ditti Cretese così prosegne narrando (lib. 5. cap. 17). „In mezzo a queste cose temendo i Greci che col ritardare di più avvicinandosi l'inverno, potesse lor togliersi il navigare, messe in mare le navi, le provvidero di remiganti e di ogni cosa opportuna,

e con ciò che ognuno d'essi aveva guadagnato per molti anni di guerra, partirono. Enea rimase presso Troja, il quale, partiti i Greci, andato a' quei di Dardano e della vicina penisola, parlò loro onde seco si unissero, affinchè Antenore non tenesse il regno. Di che avvisato questi, Enea ritornando verso Troja, non potè riuscire nell' intento, e fù costretto a pigliare ogni suo avere e ad andarsene lungi. Navigò egli adunque, e finalmente giunse nel mare Adriatico, passando per molte barbare genti; et con quelli, che lo accompagnavano, fabbricò una città, che chiamossi Corcira-Melena. Presso Troja poi, essendosi sparsa la voce, che Antenore aveva regno, tutti quelli, ch'erano avvanzati dalla guerra, e sfuggiti alla stragge noturna della città andarono a lui, ed in breve tempo trovaronsi in una gran moltitudine, tanto essendo l'amore, che gli volevano, e l'opinione di sapienza, che godeva." Darete Frigio riferisce pure al cap. 44, che Enea (per aver nascosta Polissena, che doveva essere immolata da Neottolemo sulla tomba di suo padre Achille per placarne i venti) i fù forzato di partire: „ed Enea con tutte le sue navi parte, e lascia la terra ad Antenore;" e nel capo seguente v'aggiunge: „Fin qui mise le cose in iscritto Darete Frigio rimastosi colla fazione d'Antenore . . . Enea partito colle navi, in numero di 22 colle quali Alessandro era andato in Grecia, condusse seco tre mila tre cento persone." Ditti e Darete ci danno adunque notizie certe sull' erezione di Curzola, e così pure, possiam' dire col Cav. Compagnoni distruggonsi le tradizioni di Padova e di Alba!

Curzola, edificata da Trojani compagni d'Enea, vi esercitò dappoi, e al tempo de' Liburni maggiormente, nel modo il più brillante la navigazione ed il commercio. Essa reggevasi a popolo, e come lo vedremo più sotto batteva monete per conto proprio. Scrive l'erudito Matteo Capor, essere stato il Padre Erasmo Froelich Stiriano il primo ch'avesse attribuito a Curzola delle medaglie nelle sua opera: „Animadversiones in quosdam numos veteres urbium (Vienna 1738)" ristampata dal Gori nelle sue simbole letterarie (Firenze 1751, Tom. 7); e che a tale partito lo trasse la grande copia di monete dissotterrate in Dalmazia, e che portano l'iscrizione KOP, ch'equivale a KOPKYPAION, cioè dei Corciresi, e che sendo di conio meno perfetto di quelle che coll' istesso monogramma s'attribuiscono a Corfù ed a Corinto, non potevano certo appartenere a queste due città. All' opinione del Froelich s'opponeva dappoi il Ch. Pellerin (Recueil des Médailles de Peuples et de Villes - Parigi 1763), attribuendo a Corinto quelle col vaso ed a Corfù quelle colla vittoria, appoggiato sulla ragione, che Corinto era per vasi famosa, e che Corfù come più rinomata di Curzola, poteva da se riportar vittorie degne d'essere eternate in bronzo.

Giuseppe Kell, come si legge nell' opera che ha titolo „Thesauri Britanic. Nicolai Francisci Haym" prese a diffendere il Froelich, ma a questo pure il Pellerin rispose. Il Padre Zaccaria si mostra neutrale. Il Fortis, il Neumann, il Conte Santonini, e l'Ab. Zanetti, presso lo stesso Neumann, diffendono con molto calore l'opinione del Froelich, indottivi dal numero veramente grande, che di tali medaglie si dissotterrava nell'isola di Curzola. Finalmente il classico a' giorni nostri in questa scienza il Ch. Ant. dott. Steinbüchel, più volte ben a ragione encomiato nel corso di questo nostro lavoro, nell' opuscolo stampato in lingua alemanna ed intitolato „Abriss der Alterthümerkunde. Wien 1829, riguardo a tali medaglie parla in favore di Curzola e gliele attribuisce.

Archiv XI.

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