» lui nome, dice il dotto archeologo sunnominato, sugli avanzi del ciborio » il quale copriva l'antica vasca del battistero di Cittanova, da molti anni levato, ora murato nella parete esterna del duomo. Delle sei parti, cinque » sono conservate con intagli che ben convengono a questa età, ed iscri>> zioni non facili da supplirsi. HOC. TIGMEM. LCETELVVO. ALMOQVE BAPTISTERIO. DIGNO. MARMORE MAVRICIVS. EPISCO. POPVLI. DO. SVMMO M ET. STVDIO. DEVOTE. PECTORE. TOTO. BEATE.IOHANNIS. VIII GNA " MRE. SED. FLEARIS. PLVR. ANOS. T ASE. COGNOSCAMVS. IN. QVID. NOS ADIS VITALI ין La quale iscrizione, letta come ce la porta il Kandler, distrugge affatto il dubbio del Carli (1), che pretende, ivi essere nominato Maurizio non già emoniensis sed popli; e perciò o di Giustinopoli o di Pola, ma non già di Emonia. Tra i vescovi intervenuti in Risano nell' 804 al parlamento colà tenuto, sembra, che quello STEPANO, che vi si vede sottoscritto, senza indicazione della sede, a cui apparteneva, fosse di Emonia. Così pensa anche il Kandler. V'ha chi commemora, sotto l'anno 850, un vescovo USUALDO: non se ne conosce per altro veruna prova, nè ad ammetterlo nè ad escluderlo. FIRMINO figura nell' anno 952, nella pace conchiusa da Wintero, marchese dell'Istria, colla repubblica di Venezia. Nell'anno 964, il Vescovo GIOVANNI II interveniva ad un giudicato di Weribent, conte d'Istria, pel monte Rosariol di Parenzo: Azzo, od Azzone, trovavasi, nel 1015, al sinodo aquilejese e nel 1051 assisteva in Aquileja alla consecrazione di quella basilica patriarcale. Nell' anno 1058, il vescovo GIOVANNI III ricevè in dono per sè e pe' suoi successori la baronia di san Lorenzo in Daila, cui gli donò l' imperatore Corrado ad istanza del patriarca Popone, e da (1) Dissert. tull' antico vescovato d'Emona. Opusc. Calogerò, tom. 50, pag. 329. cui i vescovi di questa chiesa presero il titolo di conti. Dopo di lui, deve essere notato sotto il 1050 quel NICOLŎ, di cui, benchè non si conosca che il nome, n'è per altro certa l'esistenza. Quanto poi al vescovo ANDREA, che suolsi segnare nel 1072, perciocchè figura « nella donazione che il » conte Cacellino fece alla chiesa di Moggio; è da notarsi, che appunto perciò egli non può essere segnato sotto l'anno 1072, ma piuttosto sotto il 1091. Lo sbaglio derivò dall'inesattezza delle note cronologiche di quel documento, del che alla sua volta ho parlato (1); tanto più, che dicendosi eseguito quell'atto dal patriarca Voldarico, successore di Federico, ed anche vi è sottoscritto di propria mano, lo si deve riputare, posteriore al 1085: perchè sollanto in quest' anno Voldarico successe a Federico. Nel· 1072 era patriarca Sigeardo, poi lo fu Arrigo, poi Federico. Figura circa l'anno 1100 il vescovo ALESSANDRO, che sottoscriveva il diploma, con cui lo stesso patriarca Voldarico donava a Giovanni abate di Beleno la chiesa di san Giovanni del Timavo. Alla consecrazione della chiesa abaziale di Moggio, celebrata il dì 28 agosto 1118 dal medesimo Voldarico, tra i vescovi, che vi assistevano, era anche un ANDREA, secondo di questo nome, vescovo emoniense. Nell' anno 1146, il vescovo ADAMO deponeva in urna marmorea le ossa dei santi martiri Massimo e Pelagio, nel sotterraneo, ossia confessione, della cattedrale. Di questo sotterraneo, unico in fra tutte le odierne chiese dell'Istria, ci dà la descrizione il Kandler, e dice: «È questo sotterraneo opera a volto di semplicissimo lavoro, nella quale si » adoperarono, come materiali da fabbrica e da selciato, pietre sculte e » pietre scritte dell'epoca romana. La forma della confessione corrisponde » interamente alla forma dell'abside superiore; però vi sono da un lato » due altre cellette, anguste, oscure, che si vogliono prigioni di santi mar» tiri. Le volte sono sostenute da colonne ; e su colonne posa l'arca dei » santi in marmo, la quale sorpassa la volta per arrivare nel santuario superiore. » Sull' arca, ove stanno racchiuse le ossa dei due martiri summentovati, si legge inciso " ANNO. DNECE. INCARNATIONIS . M. C. XL. VI VI. ID. OCTOB. RECDITA ST. HAEC. SCORVM (1) Pag. 197 di questo vol., ivi se ne vedano le ragioni. Sull'appoggio di lista privata, il Kandler nominò nella sua serie, sotto l'anno 1458, il vescovo GIOVANNI, che sarebbe il IV di simil nome; a cui nel 1165 soggiunge ViDo Margone, canonico regolare. Resse, dopo di lui, la santa chiesa emoniense il vescovo ARTUICO, del quale si ha menzione in una bolla del papa Alessandro III, data da Rialto il dì 26 agosto 1177, a favore delle monache di san Daniele di Venezia, alle quali esso vescovo aveva donato la chiesa di san Martino di Tripoli, presso a Cittanova (1). In questa bolla Artuico è nominato quondam Civitatis novae episcopus : nel 1177 era dunque morto di già. Ed anzi lo era anche nell'anno precedente, perchè se ne trova il successore col titolo di eletto. Perciò mi sembra di potere, senza timore di sbaglio, segnare l'esistenza di lui circa l'anno 1475. Fu cotesto suo successore GIOVANNI V, il quale, nell' indicato anno 1176, era testimonio e sottoscriveva, in qualità di eletto, un documento del vescovo di Pedena (2). Nell' anno poi 4180, addì 27 marzo, confermò il dono del suo predecessore alle monache di san Daniele di Venezia (5). Egli figura anche in atti del patriarca Voldarico e del patriarca Gotefredo negli anni 1480 e 1486. Qui soggiungono alcuni un vescovo nominato Clemente, sotto l'anno 1188, desunto da lista privata; ma invece da documenti certi ci è fatto palese, ch'esso apparteneva alla chiesa di Cittanova nell'estuario veneto, ossia ad Eraclea. OLDERICO perciò dev' essere riputato il successore di Giovanni V. Del quale Olderico si ha notizia, che nel 1194 trovavasi testimonio ad un atto di componimento in Parenzo, alla presenza del patriarca Bertoldo, ed insieme a Prodrano vescovo di Pola. LEONARDO lo sussegui, già canonico aquilejese: ebbe nel 1212 dall' arcidiacono di Aquileja «< in feudo la curia e le torri con ogni giurisdizione, di che rivesti lo » stesso arcidiacono ed Enrico di Villalta, a condizione che divenendo ve» scovi non potessero disporne a favore di laici. » Mori a'5 o forse a' 6 di novembre, probabilmente dell' anno 1224. Immediato successore di lui io reputo doversi collocare, sotto l'anno 1228, il vescovo CANZIANO, già canonico anch'egli di Aquileja. Egli deve collocarsi qui, perchè un documento del detto anno ce ne assicura : col quale documento promette Canziano a nome suo e dei canonici aquilejesi di mantenere ed osservare un contratto stipulato con Bertoldo signore di (1) Il docum, è presso il Cornaro. Eccl. Ven., tom. IV, pag. 166 e 190. (2) Vol. 1, Instrumentor. veter. del l'arch. di Parenzo, pag. 24, a tergo. (3) Flam. Corn. Eccl. l'en, tom. IV, pag. 192. Tricano (1). Ed il vescovo GERARDO, non già predecessore, ma successore di Canziano è d'uopo ammettere; perciocchè, non nel 1224, ma nel 1250, addì 5 giugno, sceglieva arbitri per le questioni colle monache di san Daniele di Venezia, a motivo della elezione del rettore della chiesa di san Martino di Tripoli (2): e nel dì 19 novembre del medesimo anno, prendeva alcune sagge misure pel buon governo di quella stessa chiesa (5). Nell'anno 1257, il dì 4 gennaro, consecrò la chiesa de' santi Martiri in Trieste: ivi figura come vicario del patriarca di Aquileja. Nell' anno 1243 sedeva sacro pastore della chiesa di Cittanova il veSCOVO BONACORSO, già canonico aquilejese. Egli nel detto anno figura come testimonio della conferma concessa dal patriarca Bertoldo al monastero di Beleno, delle donazioni fatte, nel 1175 dal patriarca Pellegrino all'abate Iringo, il dì 54 gennaro (4). Di questo Bonacorso continuano le notizie anche sino al 1260. Infatti nel 1249 era presente al privilegio concesso dal patriarca Bertoldo a favore dell' ospitale; nel 1250 trovavasi presente alla sentenza di scomunica pronunziata dal patriarca stesso contro il prevosto Raimondo; nel 1257 assisteva alla consecrazione di un altare col vescovo di Giustinopoli; finalmente, nel 1260, canonico tuttora di Aquileja, ne sottoscriveva gli statuti circa il numero dei canonici stessi. Fu successore di lui NICOLÒ II, di cui si trova il nome sotto l'anno 1269: lo si trova commemorato nel 1272 addi 8 maggio, per avere fatto acquisto di un prato in Buje. Nel tempo del vescovado di lui, e precisamente l'anno 1270, Cittanova si diede spontaneamente al dominio veneziano: in questa occasione anche la città si sottrasse dalla dipendenza del metropolitano aquilejese, e passò sotto i patriarchi di Grado. Non così l' agro circostante e il resto della diocesi, che rimase sottoposto a quello. Non giunse Nicolò colla sua vita all'agosto del 1279, perchè in quell' anno, die ultima Julii, era già stato eletto dal capitolo emoniense, e se ne stabilivano i deputati per presentarlo all'aquilejese metropolitano, il vescovo EGIDIO, CONcanonico di esso capitolo (5). Nell'anno 1282, il di 44 dicembre, trovavasi (1) Florio, nella vita del b. Bertrando patr. di Aquil., ediz. seconda. (2) Il docum. è presso il Cornaro, Eccl. Ven., tom. IV, pag. 193. (3) Anche questo docum. è presso il Cornaro, luog. cit., pag. 194. (4) L'autogr. è tra le Miscell. mss. dell' arch, arcivesc. di Udine. (5) L'intiero documento si conserva copiato tra le schede del Coleti, mss. ined. della Marciana, cart. 124 e seg. presente al sinodo provinciale. Successore di lui ci si presenta, nel 1284, SIMONE, eletto anch' egli dal capitolo di Cittanova il dì 15 maggio. La sua elezione non fu senza contrasti: ce ne coмservò memoria il Coleti nelle sue schede manoscritte (1). Di questo vescovo si trovano senza interruzione notizie sino all'anno 1295; ma da quest' anno in poi, sino al 1508, vi si trova alquanto di confusione. Imperciocchè in alcuni istrumenti della curia di Parenzo, dall' anno 1293 sino al 1308, nel qual tempo quella chiesa era vedova di pastore, si vede figurare il NATICHERIO, Vescovo di Cittanova: e lo si vede figurare anche in altre occasioni, come in appresso dirò. Eppure nell'anno 1501 ci si presenta di bel nuovo il vescovo Simone. Sul che io non saprei trovare altra maniera di conciliazione, tranne il supporre, che dopo il 1295, Simone abbia rinunziato il vescovato, ed immediatamente gli sia stato sostituito Naticherio; e non ostante Simone abbia continuato a portare il titolo di vescovo emoniense; la qual cosa trovasi talvolta praticata anche in altri casi somiglianti. Nell'anno infatti 1501 concedeva indulgenze a chi avesse visitato le sacre reliquie, che riposano nella basilica di sant' Antonio di Padova; e il documento lo si conserva in quell' archivio. Bensì, tranne questa sola notizia, non se ne conosce verun' altra, che ci commemori quel Simone per vescovo di Cittanova. Dal 1295, siccome ho detto, sino al 1508 si ha una continuazione progressiva di notizie del suo successore Naticherio; la quale continuazione progressiva esclude affatto i due vescovi, che sotto il 1500 sono da alcuni commemorati, Giovanni di Casarperaco, e Canciano, conosciuti entrambi da atti vescovili. Ma converrebbe esaminar meglio, sotto quale aspetto vi figurino essi in quegli atti. Di Naticherio adunque, che io tengo per immediato successore di Simone, esistono memorie in varii strumenti dell' archivio vescovile di Parenzo dal 1293 sino al 1500; forse perché gli fu affidata l'amministrazione di quella vacante chiesa; o forse perchè, essendo abate di san Michele Sottoterra, in quella diocesi, vi si trattenesse e così fosse invitato ad esercitarvi atti episcopali, o forse per altra cagione, che ci è ignota. Non di meno, checchè ne sia, egli è nominato in essi come vescovo di Cittanova. Ed inoltre come tale intervenne ad una convenzione, nel 1502, per porre fine alla lite, che agitavasi tra il comune di Parenzo ed Enrico conte di Gorizia, a cagione della villa di Torre (2). E nel seguente (1) Ivi, cart. 128, a tergo. (2) Lib. II, jurium episcopalium Parentii. 1 |