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XV

la descrizione della Badia, in un colla raccolta delle poche antichità rimaste intatte dalle ingiurie dei secoli. Vi ho aggiunte delle osservazioni in proposito, dove la natura della cosa o l'interesse storico lo volevano, massimamente riguardo alle mortali spoglie dei Reali di Savoja che la Maestà del Re CARLO ALBERTO ordinava che lassù si trasportassero, essendovi fra le altre quelle del conte Bonifazio di Savoja, detto l'Orlando, sul quale tanto sono tuttora divise le opinioni de' migliori storici nostri.

Questo è il piano del mio lavoro in due libri diviso, ai quali tien dietro un appendice dei documenti giustificativi della storia per la maggior parte originali e inediti,estratti dai Regi archivi. Mi furono guidae scorta nel mio lavoro: l'istoria genealogica della Real Casa di Savoja di Samuele Guichenon, le opere storiche di Lodovico ed Agostino Della-Chiesa; avvertendo però agli errori in cui talvolta incepparono questi egregi storici, degni veramente di tempi migliori di quelli in cui essi scrissero. Gli Annali Benedettini dell'illustre Mabillon, le collezioni di Baluzio, gli annali del Muratori, le vite dei santi della Regia Casa di Savoja del canonico Gallizia mi hanno somministrate all' uopo non poche notizie relative alla mia storia. Di grande ajuto poi mi tornarono i dotti lavori degli antichi e dei moderni critici Piemontesi, tra i quali nominerò per l'eccellenza

loro Terraneo, Durandi, Vernazza, Meyranesio, Napione, Cibrario e Datta, nomi troppo insigni perchè abbisognino delle mie lodi. Ho avuto anche ricorso alle cronache contemporanee e ad esse mi sono appoggiato quando parvemi fossero col vero concordi.

Il codice di Storia Patria testè stampatosi sotto gli auspicii di S. M., il Cartario d'Oulx, gli scritti del Fabri nelle sue memorie di Ravenna, i Bollandisti, talvolta le storie del Tesauro, del Brizio, dell' Ughelli, del Pingone e i MSS. del Baldessani mi ajutarono pure. Questi sono gli inconcussi fondamenti sui quali ho l'opera mia fondata, migliori essere non potevano: tutto sta che la debolezza dell'ingegno mio abbia saputo all' dei dotti loro lumi prevalersi. uopo giudichino i lettori. Io avrò conseguito l'intento mio, se non verrà del tutto sdegnosamente rifiutato il mio lavoro dai dotti, e se potrà in qualche modo servire a viemmeglio illustrare i fasti gloriosi della istoria nostra. ·

Lo

LIBRO PRIMO

CAPO I.

SULL'ALTA vetta del Pirchiriano monte, che sta all' alpestre Roccia - Melone di fronte e a cavaliero siede del picciol borgo di Sant'Ambrogio, fastoso un antico monumento torreggia che le memorie ricorda di circa mille anni dall'epoca prima di sua fondazione. Il monastero è questo che di San Michele dicesi della Chiusa dal nome di un vicino villaggio, il quale oggidì ancora la Chiusa si chiama, ed ha il suo nome sortito dalle antiche Chiuse dei Longobardi, le quali erano precisamente in questo luogo.

Leggesi diffatto nella storia de' Longobardi di Paolo Diacono, ch'essi, stanziatisi in Italia quando i Franchi

e i Burgundi ebbero soggiogati i Galli e gli Allobrogi per sostenersi nel possesso del bel paese che il mar circonda e l'Alpe, chiusero il passo del Pirchiriano che il limite formava del regno d'Italia. Ma nè la prudenza di Desiderio, nè il valor d' Algiso suo figlio, nè quelle chiuse e le difese ond' era lo sbocco della valle sbarrato, nè le mura, le bastìe e le torri con cui quel luogo di munir cercossi, a Carlo-Magno vietar poterono la porta d'Italia e quindi la sicura via per arrivare a vendicar dalle inique oppressioni di Astolfo il Sommo Pontefice *.

Quest' insigne monastero di cui imprendiamo a scrivere la storia, dieci miglia distante trovasi da Torino ed altrettante da Susa, laddove la valle che da quest'ultima città prende il suo nome, lieta pria e ridente, un aspetto veste meno giulivo che dell' ispido ha molto e del confuso, poichè quelle tondeggianti e vaghe forme, quelle così graziose linee curve le mancano che i paesi massimamente di montagna abbelliscon cotanto. Parecchie sono le strade che vi conducono. La più breve è quella di Sant'Ambrogio, per cui in poco più di due ore da Torino a questo paese si arriva, dal quale poi in un'ora e mezzo comodamente coi muli si giunge alla Badía. La strada della Chiusa di poco più lunga, è più pittoresca, meno agevole però ad un tempo. Da quella infine che gira pel borgo di Giaveno vengono comodamente i cavalli, ma è la più lunga di tutte era l'antica principale strada del monastero. Or bene: da S. Ambrogio prendendo le mosse

* V. Cron. Novalic.

si va per un erto e malagevol sentiero che ne' varii e molti seni serpeggia del monte la scabra pendice valicando sul cui ciglione estremo la Badía è situata, all'altezza di un dirupo di più di centinaja di piedi, 450 tese al dissopra del livello del mare secondo le misure prese dal dotto Saussure. Varia la strada in cento e mille diverse forme che l'animo non tralasciano di appagare del viaggiatore e di rendergli la fatica della salita non solamente meno dura, ma in certo tal qual modo dilettevole quasi ed amena. Per alpestri andirivieni e pose gira rigira, si piega e si ripiega sopra se stessa, or si nasconde fra rami, or sul pendío di un precipizio si mostra che rabbrividir ti fa al sol misurarne coll' occhio l'altezza; intanto che or fra cocenti ardori del sole, or dall' ombra benefica degli alberi il viaggiator protetto alla sommità infine arriva del Pirchiriano e giunge alla celebre Badía di S. Michele della Chiusa. Quanti e quali non sono i moti da cui sentesi un cuore compreso e scosso allorchè sull'alto dorso infine affaticato, trafelante ed ansante arriva della montagna? Improvvisa quasi a' suoi occhi la magnifica scena si apre, qui delle fertili pianure della Lombardia che, sotto un leggier velo di nebbia nascoste, al pensiero più che all'occhio la cura lasciano di trovarne nella vastità loro l'orizzonte estremo; là il baluardo d' Italia, l'immenso anfiteatro delle Alpi che degli eterni loro ghiacci coperte par che fastose le acuminate loro punte al cielo estollano. Le fresche e limpide acque de' bei laghi di Avigliana ai piedi, che nella loro superficie lucente con tanta e così pura verità le selvose pendici riflettono

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