Il papa peraltro, pure servendosi di Benvenuto per i conî di quella moneta, non volle accordargli l'ufficio di incisore della Zecca di Roma se prima non avesse ricevuto la grazia per l'omicidio commesso. Questa grazia Paolo III promise di concedere per la festa di s. Maria di Agosto dell'anno susseguente. ' Il 29 novembre entrò nella Zecca, come pesatore, Ludovico de Capitaneis, fratello dell' ucciso Pompeo, dopo conclusa la pace tra la famiglia de Capitaneis e Benvenuto Cellini; lo che era avvenuto il 17 ottobre 1534, con apposito istrumento rogato dal notaio della C. A. Pier Paolo degli Attavanti. Sembra che il Cellini, anche prima di avere la grazia sovrana, lavorasse per la Zecca di Roma come incisore; infatti si trova un documento del 5 gennaio 1535 dal quale si rileva che Benvenuto ricevette un pagamento di 50 Scudi d'oro del sole per la manifattura dei piombi apostolici, ed altri 50 per le stampe o conî della Zecca di Roma. 2 Oltre a questo pagamento straordinario il documento parla di un altro di Scudi 18, che furono pagati al Cellini come incisore di Zecca per i tre mesi passati, a ragione di Scudi 6 al mese. Dunque fin dal mese di ottobre 1534 Benvenuto Cellini era stato reintegrato nel posto di incisore della Zecca, ed anche incaricato di eseguire i conî per le bolle pontificie. Queste bolle o piombi apostolici, che fino al tempo di Pio II erano state stampate con un tipo stereotipato di fattura rozza, e poscia migliorate nello stile e nel disegno, raggiunsero per opera del Cellini un grado di perfezione tale, che anche oggi si adoperano gli stessi conî con leggiere modificazioni. 3 Reca meraviglia il vedere come nelle sue memorie il Cellini non parli di questi piombi ed in seguito nessun autore li annoveri tra le opere di quell' insigne artista. Il documento del resto parla chiaro e noi ne notiamo l'importanza, perchè ci rivela con sicurezza un'altra delle manifestazioni artistiche del Cellini. Il Cellini dovette la grazia alla confraternita dei Macellari che, come tante altre, aveva il privilegio di liberare un condannato a morte per la festa dell' Ascensione. 2 Vedi in seguito tra i documenti. 3 SERAFINI, Med. Vat., tav. N, n. 3. Costretto a partire da Roma per evitare le vendette dei suoi nemici, Benvenuto si recò a Firenze e poscia a Venezia, d'onde ritornato in patria, fece alcune monete ed altre opere per il duca Alessandro de Medici. Richiamato dal papa, fece ritorno in Roma nel 1535 e dopo registrato il salvacondotto in Campidoglio, potè ottenere la grazia tanto desiderata. Per ciò che riguarda gli Scudi d'oro del sole, detti anche Paolini d'oro, coniati dal Cellini durante la gestione dello zecchiere Balducci, bisogna ricercarli tra quelli che portano il segno del Balducci stesso, che è quello fino ad oggi attribuito al Cellini, ma che ci sarà facile dimostrare in seguito essere invece dello zecchiere suddetto. Il Cellini nel citare la moneta parla di « un mezzo san Pagolo Sta di fatto che fra tanti esemplari oggi conosciuti di Scudi d'oro di Paolo III, nessuno porta una mezza figura del santo. Ve ne sono però molti ove la figura non è intiera, e fra questi dobbiamo ricercare il conio del Cellini. Nel medagliere Vaticano si trova un esemplare di quello Scudo d'oro con la figura di s. Paolo a circa due terzi, con il segno del Balducci nel diritto della moneta a sinistra nella leggenda, e nel o un piccolo giglio sotto la figura di s. Paolo che regge la spada, voltata a terra, con la mano destra. Questo tipo va riportato all'anno 1534 0 al principio del 1535 e lo riteniamo opera di Ben venuto. Il salvacondotto, che Paolo III fece al Cellini per ritornare in Roma, ha la data del 20 marzo 1535 (BERTOLOTTI, Artisti lombardi a Roma, I). 2 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXX, n. 18. Il Balducci zecchiere rinnovò, per anni sei, l'appalto della Zecca, il 17 agosto 1537. Egli si obbligava a coniare: I Scudi d'oro, di lega 22 carati, al taglio di 100 per libbra (grammi 3.40 circa), 2 con la leggenda S. PAVLVS VAS ELECTIONIS. e la figura di s. Paolo; nel diritto lo stemma papale e PAVLVS. III. PONT MAX. Egualmente mezzi Grossi papali, a lega oncie 11 e denaro I ed al taglio di 186 per libbra (grammi 1.83 circa) 3 con l'imagine di s. Pietro e lo stemma papale. 4 1 Lib. Instrum. Camer., p. 18. Vedi il documento LXVIII nel GARAMPI. 2 Sono questi gli Scudi d'oro riprodotti dal SERAFINI, tav. XXXV, nn. 19-21. Il GARAMPI dice che erano di peso di grani 69 12/100 e di fino grani 63 36/100. Presero il nome di Paulini d'oro. Il primo a batterli fu Clemente VII nelle zecche di Bologna e di Ancona. Nelle collezioni si trovano numerosi esemplari di questa moneta, con leggiere varianti,. 3 I GARAMPI dice che pesavano grani 37 30/186 ed avevano di fino grani 34 36/186. 4 Era scultore dei coni Tommaso D'Antonio perugino, detto il Fagiuolo. (SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXVI, nn. 9-11). Nonchè Baiocchi papali, detti anche Baiocchetti, di argento, a lega oncie 9 e denari 18 ed al taglio di 930 per libbra, con la mezza I figura di s. Pietro, S PETRVS. ALMA ROMA, e lo stemma papale. Di queste monete non se ne dovevano coniare più di 500 libbre all'anno. Egualmente il Balducci doveva coniare Quattrini papali, a lega di denari 20 di argento fino per libbra, ed al taglio di 440 per libbra (grammi 0.772 c.), con l'imagine di s. Pietro e l'arme. 2 Di Quattrini di Paolo III se ne trovano anche con l'imagine di s. Paolo. 3 Il Balducci non coniò i Grossi papali, detti comunemente Paoli. Con la data dell'8 novembre 1537 troviamo un mandato di pagamento a favore di M. Leone d'Arezzo per la somma di Scudi 10 da Giulii 10 per Scudo, per certe medaglie che il papa fece mettere 1 Questi Baiocchetti d'argento dovrebbero pesare grammi 0.365, ma in realtà pesano 0.420 (SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXVI, n. 13). Il GARAMPI dice che pesavano grani 7 402/930 ed avevano di fino grani 6 36/930. 2 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXVI, nn. 17, 18. 3 Ibid. n. 16. Il GARAMPI dice che dovevano pesare grani 15 312/440 ed essere al fino di grani 1 1/11. nelle fondazioni delle fortificazioni di Roma. Sono queste le medaglie di Paolo III che portano la leggenda SECVRITATI PERPETVAE nel centro, e LEONIAN AM AGGERIBVS COMMVNIVIT PAVLVS III PONT MAX. nel giro, od anche quelle con ALMA ROM A riportate dal Bonanni. Il 17 aprile del 1538 furono pagati Scudi 20 ad un certo Bernardino Caparella per comprare il metallo per le medaglie e pagare quegli che ne fece il getto. 3 In occasione che Paolo III il 23 marzo 1538, partendosi da Roma, andò a Nizza per trattare la pace tra l'imperatore Carlo V ed il re di Francia Francesco I, fu coniato dalla Zecca di Roma un Testone con la leggenda DIRIGANTVR PEDES NOSTRI IN VIAM PACIS FOEDERE TVO DEVS; nel mezzo l'Iride. Questa moneta è descritta dallo Scilla. Ma il Bonanni, che riporta questo pezzo come medaglia, vuol credere che possa essere stata coniata nel 1544, in seguito ad una nuova pace conchiusa il 15 settembre tra Carlo V e Francesco I, come l'altra che porta il motto LAETITIA ACCITA PARTA PACE PAVLVS. Di questo Testone, riportato dallo Scilla, non si trovano esemplari nelle collezioni; l'autore dice di averlo veduto nello studio del cav. Prospero Mandosi e lo chiama «< singolare »>, cioè unico. Crediamo si tratti della medaglia riportata dal Bonanni, creduta erroneamente un Testone, perchè di tali monete, del valore cioè di tre Giulii o Paoli, non si fa parola nei varî capitoli di Zecca del tempo di Paolo III. I Arch. Vaticano, Fortificazioni di Roma 1537-1539, fol. 13, 14 vo. Leone Leoni, originario di Arezzo, ma nato a Menaggio circa il 1509, fu impiegato, come incisore, nella Zecca di Roma e tenne quel posto fino al 1540. Lavorò anche in Firenze (1560), Milano, Venezia, Parma e Bruxelles, e mori l'anno 1590 in Milano (C. CASATI, Leoni Leone d'Arezzo, ecc.). Vedi anche il VASARI, Vita di Leone Leoni aretino, e l'ARMAND, Les médailleurs italiens. Il PLON (Benv. Cellini, ecc. p. 27) dice che Leone Leoni entrò alla Zecca pontificia l'anno 1538 al posto di Tommaso D'Antonio detto il Fagiuolo. Ma i documenti che riportiamo dimostrano che ciò è inesatto. 2 F. BONANNI, Num. Pont. Rom., p. 199, nn. VIII e XIX. 3 Fortif. di Roma 1537-1539, fol. 39 v. 4 S. SCILLA, Brevi notizie delle monete pontificie, pp. 41, 236. 5 BONANNI, op. cit., p. 199, n. IX. 6 Ibid., n. X. |