Ai 24 luglio 1538, Leone Leoni aretino ricevè in pagamento Scudi 40, per resto di Scudi 150 e per sua mercede, per il conio di una medaglia con il ritratto del papa e con il rovescio << del Popolo Romano ». È probabilmente quella riportata dal Bonanni ' ALMA ROMA ed altra variante, con SECVRITAS POPVLI ROMANI col tipo della Sicurezza nel centro. Ai 4 novembre 1538, il Leoni riceve un altro pagamento di Scudi 6 come incisore della Zecca, per il mese di novembre 1538. Un mandato del 23 agosto 1539 fa pagare al Leoni una strenna o gratificazione di Ducati d'oro 15 per avere eseguito il Ducato 2 d'oro ed il Doppio ducato d'oro di Paolo III. Questo mandato c'interessa in modo speciale, perchè oltre a farci conoscere l'autore di quelle straordinarie monete, ci assicura che il segno di zecca che portano non è da attribuirsi al Cellini, come molti hanno creduto, ma sibbene allo zecchiere Balducci, che nel 1539 era appaltatore della Zecca di Roma. 1 BONANNI, op. cit., nn. XXV e XXVI. 2 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXV, nn. 13, 14, 15. Di questo Doppio ducato col segno del Balducci si trovano tre varianti di conio: in una di queste si distingue la testa di s. Paolo nel bottone del piviale che indossa il pontefice, mentre nelle altre manca qualunque disegno. Del Ducato d'oro egual Il Leoni che nel novembre 1538 ricevè, come abbiamo veduto, un primo pagamento come incisore della Zecca, sembra che, circa il maggio 1539, fosse stato incaricato anche della stampa delle bolle pontificie, come ci risulta da un conto di duecento libbre di piombo fornite al Leoni dal magazzino delle munizioni di Castel S. Angelo (vedi tra i docum.). Benvenuto Cellini parla del Leoni, suo rivale in arte, come di un suo grande nemico 1 per l'occasione che, mentre era in prigione (1538-1539), sotto l'accusa di aver, nel 1527, rubate alcune gioie a Clemente VII, durante la sua prigionia di Castel S. Angelo, si tentò, come ei racconta, di avvelenarlo con la polvere di diamante, ed il Leoni, che Cellini chiama poverissimo, era stato incaricato di pestare quel diamante. Ma questo racconto non combina col fatto che nel 1539 il Leoni era incisore della Zecca di Roma, bene stipendiato, e solo col pensare alla rivalità che doveva esistere fra i due artisti si può spiegare l'animosità del Cellini verso di lui. Il Doppio ducato di Paolo III è forse la moneta che eccelle sopra tutte le altre della serie pontificia, per ciò specialmente che si riferisce ai ritratti papali. Non è possibile trovare un altro esempio di modellatura e perfezione di lavoro in una moneta di piccolo modulo, come in questo aurco di Paolo III, e ben doveva il Cellini, così geloso ed orgoglioso dell'arte sua, odiare un rivale di tale sorta, al punto da misconoscerlo e non degnarsi di ricordarlo nelle sue memorie come artista incisore, ma solo qualificarlo per un poverissimo orefice di nessun valore. Nel giugno del 1539 la Camera apostolica, mentre era camerlengo il cardinale Ascanio Sforza, fissò al 9 per cento l'aggio fra lo Scudo d'oro ed il Ducato d'oro di Camera; in modo che 100 Ducati mente si conoscono più varianti col segno del Balducci. Una di queste non porta quel segno, ma è della stessa mano del Leoni. Vedi in seguito le altre emissioni di Ducati d'oro per opera di altri zecchieri. I 1 B. CELLINI, Vita. cap. XXV. Anche nell' interrogatorio che Benvenuto ebbe a sostenere in quell'occasione, domandato se avesse dei nemici, egli nominò lo scultore Leone. Vedi E. PLON, Benv. Cellini, p. 40, ed il lavoro del medesimo autore su Leone Leoni. Molti lavori attribuiti al Cellini dobbiamo rivendicare a questo incisore. si cambiavano con 109 Scudi d'oro. Nella dichiarazione è detto spedizioni, ecc., si dovessero che tutti i censi, le composizioni, le pagare in Ducati d'oro di Camera. Il 24 gennaio 1540 lo stesso camerlengo ordina ai giudici di Curia romana di non ammettere nell'uso che il solo Ducato d'oro di Camera, e ai mercanti si fissa il rapporto fra questi Ducati e quelli d'oro larghi come 41:40. Leone Leoni riceve un altro pagamento, nel marzo 1540, di Scudi 6 come incisore della Zecca. Questo artista non solo coniava le monete del Papa, ma ancora le medaglie; infatti ne troviamo una da lui firmata LEO del 1538,2 che rappresenta la fuga del corsaro Barbarossa dopo la sua incursione in Italia. Un'altra medaglia viene attribuita al Leoni, che porta la dicitura SECVRITAS TEMPORVM, 3 ed una terza senza leggenda, con Roma personificata ed il Tevere. Non è escluso che molte altre medaglie di Paolo III, anonime, siano opera di questo esimio artista. Il contratto con il Balducci, che doveva durare sei anni, fu rescisso nel 1540. Questo zecchiere fu accusato di aver fatto moneta falsa e messo in prigione dopo toltagli la Zecca. Leone Leoni fu vittima della stessa accusa e per vendicarsi dell'accusatore, certo Pellegrino de' Leuti, orefice tedesco, lo aggredi e sfigurò. Leone fu condannato ad avere la mano recisa, ma potè ottenere la grazia. 5 Il Balducci, a sua volta, perdè il posto di zecchiere. Con capitoli del 24 agosto 1540, quell'ufficio fu concesso per anni cinque a Bartolomeo Bettini, agente dei signori Tommaso Cavalcanti, Giovanni Girardi e soci banchieri. 6 1 A tenore della legge stabilita nel 1535, Scudi d'oro 109 contenevano grani 6906 24/100 (grammi 345.30) di oro fino, e 100 Ducati d'oro ne contenevano grani 6912 (grammi 345.60). 2 BONANNI, p. 199, n. IV. 3 Id. n. XI. 4 Id. n. XXX. 5 Per intercessione di Pietro l'Aretino. Vedremo in seguito come il Leoni seguitasse a coniare monete ed anche i piombi apostolici. 6 Il Vettori dice Giovanni Gaddi, ed il Fioravanti chiama il Bettini «Bart. Pettini officinae monetariae praefecto ». La migliore lezione del documento relativo a questi capitoli è quella del GARAMPI, doc. LXXI. Questi zecchieri si obbligavano a coniare: I Fiorini d'oro di Camera, della stessa lega dei Ducati papali cioè a 24 carati, del peso di grani 69 12/100 (grammi 3.45 circa), con la navicella di s. Pietro ed ALMA ROMA da una parte, e dall'altra lo stemma papale. 2 Questi Fiorini sono quelli che portano la cifra &. L'oro per coniarli fu ricavato da alcune verghe fuse con i Ducati d'oro del Portogallo e di Genova. Dovevano egualmente quegli zecchieri coniare Grossi papali, che furono comunemente chiamati Paoli, di lega oncie 11 e denari 1, del peso di grani 80 208/343 e di fino grani 74 58/343, al taglio perciò di 85 3/4 per libbra (grammi 3.95 circa). 4 Egualmente Doppi Paoli in proporzione. s Nell'aprile del 1540, Giovanni Bernardi di Castel Bolognese riprende il posto d'incisore alla Zecca e vi rimane fino al dicembre 1545. 6 1 Fiorino e Ducato di Camera erano la denominazione della stessa moneta. 2 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXV, n. 16. Si trovano due varianti di conio di questo Fiorino. 3 I Grossi papali presero il nome di Paoli ed i Mezzi si chiamarono Grossi. 4 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXVI, n. 3. I Grossi che si ritrovano, sono tutti di peso scadente; se ne conoscono due varianti. 5 Di questi Doppi Paoli, coniati dal Cavalcanti e soci, non è giunto a noi alcun esemplare; probabilmente non furono coniati. 6 BERTOLOTTI, I, p. 269. Il di 1° ottobre 1540, Alessandro Cesati, detto il Grechetto, entra nella Zecca di Roma come incisore e stampatore, I e come pesatore della Zecca troviamo un tale Gaspare che, il 14 ottobre, riscuote Ducati 6 per sua provigione di un mese. Nel novembre dello stesso anno entra a far parte della Zecca M. Domenico Guarinaccio, orefice, come assaggiatore, con lo stipendio di Ducati 3 al mese. 2 Il 1° gennaio 1541, il Cardinale Camerario emise un Bando affinchè nessuno osasse battere monete d'oro, d'argento e di rame; che la moneta da usarsi nei contratti dovesse essere il Ducato d'oro e che gli argenti da lavorarsi dovessero recare il marco o bollo papale per evitare le frodi. Il 10 gennaio 1541 a M. Tommaso D'Antonio detto il Fagiuolo furono pagati Scudi 10 per prezzo di alcune stampe ad usum Zecche. 3 È l'ultimo pagamento che si ritrova a favore di questo incisore di conî che era succeduto fin dal 1534 a Benvenuto Cellini. È difficile distinguere tra le monete di Clemente VII e quelle di Paolo III, quali si debbano attribuire a questo artista che è rimasto oscuro, obliato dal Vasari e da altri che si sono occupati degli incisori e medaglieri dell'epoca. Il D'Antonio lavorò insieme ad altri notevoli incisori, come risulta dai mandati di pagamento che abbiamo veduti e dalle nomine del Leoni, del Bernardi e del Cesati, tutti egualmente incisori o scultori delle stampe per la Zecca. Procedendo per Il soprannome di Grechetto gli fu apposto perchè aveva la madre nata a Cipro. Lavorò per la casa Farnese, per la Zecca di Roma sotto Paolo III, e per quella di Parma. Fece una medaglia per la duchessa di Savoia nel 1562. Nel 1564 andò a Cipro. Vedi l'ARMAND, il VASARI, il BONANNI, p. 199, numero XXXIII (medaglia firmata da Alessandro Cesati in greco che nel Ro porta l'anno XII del pontificato di Paolo III, cioè 1546-1547). 2 Questo Domenico era di Zagarolo e contro di lui gli orefici mandarono al papa un reclamo per le sue angherie (Not. BERARDO, 1548-1552, fol. 115). 3 Il mandato dice: eidem mo Thome per Alme Urbis gubernatorem lenatarum (sic) et officialibus dicte zecche consignatarum et traditarum (Müntz, p. 321). Il PLON (Benv. Cellini) non conobbe questo documento e dice a p. 27, nota 1, che Tommaso lasciò la Zecca nel 1538 e che a lui succedette Leone Leoni. |