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TRVS ALMA ROMA e nel diritto l'arme del papa e PAVLVS. PP. III

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Di questi Fiorini di Camera con la sigla dei suddetti zecchieri conosciamo un solo esemplare che si conserva nella raccolta Celati. Egualmente dovevano coniare Paolini d'oro (cioè Scudi d'oro) a carati 22; 100 per libbra (grammi 3.395 circa l'uno), ovvero del peso di grani 69 12/100 e di fino grani 64 36/100 come quelli già decretati dalla C. A. '

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Questi Paolini d'oro sono quelli con la effigie di s. Paolo e l'arme del papa, contrassegnati con le sigle degli Albizi e Castelli. 2 La figura del s. Paolo esce dal tipo consueto ed è certamente opera di Giangiacomo Bonzagni, o Buongiovanni di Parma, che come si vedrà or ora, entrò nella Zecca come incisore l'8 gennaio 1546, e che nel 1547 (12 aprile), ricevette la paga per aver fatto il punzone per questa moneta. Si conoscono due conî affatto diversi, specialmente nella figura e nel portamento del santo.

1 GARAMPI, doc. LXVI.

2 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXV, n. 17. Si trovano più varianti di questa moneta.

3 Giangiacomo era figlio di Gianfrancesco Bonzagni che nel 1523 era conduttore della Zecca di Parma.

I

Oltre alle monete summenzionate, i nuovi zecchieri si obbligavano a coniare i cosidetti Paoli d'argento del valore di 1/10 di Ducato di moneta, 1/11 dello Scudo d'oro ed 1/12 del Fiorino d'oro di Camera. Ogni Paolo doveva pesare grani 67 89/205 ed avere di fino grani 62 10/205 (grammi 3.35 circa), essere cioè alla stessa lega di quelli di Giulio II, giusta cioè il decreto già emanato dalla C. A. il 24 novembre 1544.2

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Questi Paoli sono quelli riportati dal Serafini (Med. Vat., tav. XXXVI, nn. 1, 2, 4, 5) e se ne trovano degli anni XII, XIII,

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XIV e XV di pontificato. Quelli dell'anno XV, cioè del 1549, presentano due nuovi tipi; il primo con s. Paolo seduto, e nell'altro vi è riprodotta la Madonna col Bambino, con intorno VIRGO TVA GLORIA PARTVS, di eccellente fattura.

1 Quando si facevano i pagamenti in Ducati di moneta, si intendeva il pagamento in argento; quando si diceva in Scudi d'oro in oro o in Fiorini d'oro in oro si doveva pagare l'aggio del 10 per cento per gli Scudi e del 20 per cento per i Fiorini d'oro. Essendosi diminuiti i Giulii o Paoli di una sesta parte dal piede in cui erano stati battuti da Giulio II, convenne alzare il prezzo del Fiorino di Camera, e da 10 portarlo a 12 Paoli d'argento. Cento Fiorini valevano 106 1/11 Scudi d'oro.

2 Questo decreto non abbiamo potuto trovarlo, ma ne viene fatta menzione in un istromento del 1° luglio 1549.

Non sappiamo a chi attribuire quella incisione, se al Bonzagna od al Cesati, che lavoravano insieme nella Zecca di Roma come incisori, l'ultimo anno del pontificato di Paolo III.

Per ciò che riguarda la rappresentazione della Vergine col Bambino, è da notarsi come questa sia la prima moneta papale ove si riscontri quella immagine. Fino a quest'epoca i soli santi protettori della città facevano la loro comparsa sulle monete pontificie. Fece eccezione alla regola un pezzo di argento del valore di tre Giulii coniato per il Giubileo del 1525 ove si rappresentò la Madonna col Bambino nel presepe. Ma quella moneta possiamo considerarla come una medaglia commemorativa di quell' Anno Santo. La Madonna con il Bambino qui rappresentata, deve alludere ad una speciale devozione del pontefice che, come ci narra la storia, volle onorare la Vergine con lavori importanti sia alla chiesa di S. Maria della Quercia, presso Viterbo, come a quella di Loreto. Giulio III, Pio IV e Gregorio XIII continuarono a mettere in alcune delle loro monete questa immagine, che coll' identico disegno di quella di Paolo III, ritroviamo in una medaglia di Pio IV coniata da Gian Federico Bonzagni. 2

Nei capitoli dell'ottobre 1545, si fa obbligo agli zecchieri di coniare i Terzi Paoli volgarmente detti Testoni, quattro dei quali dovevano formare un Ducato d'oro di Camera, valere cioè ciascuno Paoli tre. Ne dovevano entrare in una libbra di argento n. 34 con 6 Quattrini e 2/3 di Quattrino, e pesare perciò den. 8 e grani 10 e 1/5 (grammi 9.80 circa); la loro bontà doveva eguagliare quella dei Giulii e Doppi Giulii di Giulio II.

Questi Testoni portano segnato l'anno del pontificato, le sigle degli zecchieri, ed una rappresentazione di Gesù che disputa tra i dottori. Il Bonanni ci riporta tre medaglie con questa rappresen

I Vedi BONANNI, p. 243, n. XX; p. 270, n. XXIV; p. 323, n. XXVI. 2 ARMAND, III, p. 105.

3 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXV, nn. 22, 23.

4 LO SCILLA crede alludano all'assistenza prestata ai neofiti con molte

costituzioni e privilegi.

5 BONANNI, p. 199, nn. XXII, XXIII, XXIV.

tazione che variano alquanto nel disegno. La moneta ha la stessa disposizione delle figure del n. XXIII del Bonanni, ed è opera con

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molta probabilità di Federico Bonzagna, detto il Parmense, che lavorò altra medaglia con lo stesso soggetto per Pio IV firmandola F. P. La Zecca di Macerata coniò due Testoni con questa rap

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sentazione, ma differenti nel disegno. 3 Quella di Camerino ha egualmente un Testone con il Cristo che disputa tra i dottori ed aggiungiamo anche la Zecca di Ravenna tra quelle che riprodussero questo soggetto, che benchè il Bonanni e l'Armand lo riportino tra le medaglie di Paolo III, pure noi crediamo si tratti di vera moneta. Infatti il Bonanni a p. 220 così si esprime: « Habui etiam alia duo argentea, quae in usu pecuniae sunt TRIUM IULIORUM, in quorum altero subiectum est verbum RAVENNA in altero vero ALMA ROMA, etc. ».

1 BONANNI, op. cit., p. 271, n. X.

2 Con motu proprio del 26 febbraio 1546 gli zecchieri Lorenzo degli Albizi e Vincenzo Castelli ebbero in appalto la Zecca di Macerata (Div. Cam. Pauli III, to. 142, p. 148, v°).

3 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXVII, nn. 15, 16; BONANNI, p. 199, nn. XXII, XXIII.

4 SCILLA, p. 43.

L'Armand la riporta come medaglia e ne dà il diametro in mill. 35, poco più grande di quello dei Testoni.

In questi capitoli del 1545 non si fa cenno dei Grossi o Mezzi Paoli, che pure furono coniati da quegli zecchieri negli anni XIII e XIV del pontificato, che sono del peso di grammi 1.60 circa, cioè la metà dei Paoli. Nè si parla dei Mezzi Grossi 3 che portano

2

le sigle dell' Albizi e del Castelli. Evidentemente non si è ancora ritrovato il documento di Zecca che doveva regolare la coniazione di queste monete, che furono incise certamente dal Bonzagna e dal Cesati, come vedremo qui appresso.

Ai primi di gennaio del 1546, all' incisore Giovanni Bernardi di Castel Bolognese succedette nella Zecca di Roma Giovan Giacomo Bonzagna o Bongiovanni di Parma.

Contro questa nomina reclamò Alessandro Cesati, il quale, come abbiamo veduto, era incisore della Zecca di Roma fin dall'anno 1540. e che, a quanto sembra, fu licenziato all' insaputa del papa.

Con breve del 28 gennaio 1547, Paolo III risolvette la questione, ammettendo ad esercitare l'officio di incisore della Zecca ambedue

I ARMAND, II, pp. 167, 13. Vedi anche il CINAGLI, p. 106, n. 36, nota 2; il VENUTI a p. 370 e lo SCILLA, p. 176.

2 Ibid. tav. XXXVI, nn. 6, 8.

3 SERAFINI, Med. Vat., tav. XXXVI, n. 12. Questi Mezzi Grossi sono opera del Bonzagna, che nel 1547 (12 aprile) riceve la paga per il punzone di queste monete.

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