ABBREVIATURE A. M. R., Atelier monétaire de Rome. Div. Camer., Diversorum Cameralium. Ex. lib., Ex libris. Inst. Camer., Instrumenta Cameralia. Med. Vat., Medagliere Vaticano. S. O., Saggi d'osservazione. La maggior parte delle illustrazioni delle monete sono state fotografate dalle tavole dell'opera Le Monete e le Bolle pontificie del Medagliere Vaticano ed i segni di zecca ci sono stati forniti dalla Tipografia Vaticana. Rendiamo perciò pubbliche grazie al Comm. Serafini ed al Comm. Scotti per queste concessioni che tanto hanno agevolato il nostro cómpito. Numismaties 5-11-28 17302, ANNALI DELLA ZECCA DI ROMA PAOLO III (13 ottobre 1534-10 novembre 1549). NAPOLI: Museo Nazionale. Morto Clemente VII, il 25 settembre 1534, trentasette cardinali riuniti in conclave elessero pontefice, per acclamazione, il primo giorno della loro riunione, cioè il 13 ottobre, Alessandro Farnese, cardinale dei Ss. Cosma e Damiano, che prese il nome di Paolo III. Alessandro era figlio di Pierluigi dell'antica stirpe dei signori di Castel Farnese. Da quarant' anni cardinale, aveva assistito a cinque conclavi; era in età di sessantasette anni. Giusto e moderato, grande di animo, coltivava lo spirito classico delle lettere e delle arti. Roma applaudi alla nomina di un pontefice romano, splendido nella vita, munifico e dovizioso. Prima di entrare negli ordini sacri aveva avuto un figlio naturale e da questo due nipoti: Alessandro, che vesti la porpora a quattordici anni, ed Ottavio che sposò Margherita, figlia naturale di Carlo V. Da un' altra figlia ebbe un terzo nipote, Guido Ascanio Sforza, cardinale a sedici anni nel dicembre 1534. Il 23 marzo 1538, nonostante la grave età, si portò a Nizza per riconciliare tra loro il re di Francia e l'imperatore Carlo V. In quell'occasione la Zecca di Roma coniò una moneta di argento con la leggenda: DIRIGANTVR PEDES NOSTRI IN VIAM PACIS etc. e quella di Bologna un' altra con PACI PONTIFICIAE S. P. Q. R. Pose fine alla controversia con la Francia, ottenendo 1 SCILLA, Breve notizia delle monete pontificie, ecc., pp. 41-43. Tiziano 1543. per un altro nipote la mano di Diana d'Angoulême, figlia di Enrico II; perseguitò i luterani e rinnovò la scomunica al re d'Inghilterra, dichiarando la nazione sciolta dall' obbedienza; intimò il concilio a Trento pel novembre 1542, differito poi al dicembre 1545. Mentre trattava le paci politiche e pensava alla riforma, non trascurò gl' interessi familiari. A Pierluigi, suo figlio, diede il ducato di Castro e Nepi, ad Ottavio quello di Camerino e Urbino, e nel 1545 commutò al primo il ducato di Castro con quello di Parma e Piacenza. Nella tregua di Nizza, Pierluigi ottenne dall' imperatore Novara col suo territorio. L'11 marzo 1547 trasferì il concilio a Bologna contro la volontà dell' imperatore; il concilio fu sospeso nella congregazione del 14 settembre 1547. L'Italia era travagliata dalle congiure; Pierluigi, duca di Parma e Piacenza, fu trafitto nelle mura di Piacenza, e Ferrante Gonzaga s' impossessò della città in nome dell' imperatore, ed invano Paolo III cercò di rivendicarla alla Chiesa, ricordando il trattato del 1521. La discordia politica si aggiunse alla religiosa a causa dell'interim del 15 maggio 1548, col quale Carlo segnava una regola ai protestanti, da osservarsi fino al nuovo concilio. Parma ritornò alla Chiesa e la famiglia Farnese si ribellò protestando. Avvicinandosi l'epoca del Giubileo o Anno Santo 1550, Paolo III si diede a disporre la città per poter bene accogliere i pellegrini. Si trovano alcune medaglie di questo papa, che a quel Giubileo si riferiscono (BONANNI, p. 199, nn. XIII, XIV, XV). Una di queste porta il progetto della facciata della basilica di S. Pietro. Questa medaglia è attribuita ad Alessandro Cesati detto il Grechetto, perchè porta la cifra C. (ARMAND, III, p. 75 A). Ma Paolo III non giunse a poter celebrare questa solennità; sugli ottantatrè anni, affranto da emozioni e dispiaceri, morì addì 10 novembre del 1549, nel palazzo di Monte Cavallo, dopo una violenta scena con i propri nipoti. Espiava così la colpa del suo nepotismo, del quale si era fatto un' arma per meglio tutelare con i suoi parenti il governo temporale della Chiesa. Di lui rimangono opere magnifiche: il palazzo Farnese, di cui il piano originario si deve ad Antonio da Sangallo iuniore; 2 la cappella Paolina ed altri lavori in Vaticano. Riprese quelli della basilica di S. Pietro affidandone la direzione a Giuliano da Sangallo, che essendo morto nel 1546, fu sostituito da Michelangelo Buonarroti. Curò la sicurezza delle vie d'accesso alla città, e tra le altre benemerenze sono da annoverarsi le disposizioni ed i lavori che ordinò nel 1546, per preservare Rieti e l'Agro reatino dalle alluvioni del Velino. Una medaglia ricorda quei lavori (BONANNI, p. 199, n. XXXI). Trasferì sul Campidoglio la statua equestre di Marco Aurelio. Introdusse nettezza e regolarità in molte vie di Roma ed il Senato gli decretò per la sua benemerenza verso la città di Roma una statua. I II FERMANO scrive che Paolo III mori in monte Caballo in domo card. Ferrerii ante equos lapideos. 2 La continuazione, dopo salito Alessandro VI al pontificato, fu opera di Michelangelo, il quale vi compose le arcate superiori del cortile ed il superbo cornicione. La loggia inferiore fu edificata da Giacomo della Porta. Il Ranke così dice di lui: « Molto ingegno e consumata prudenza fu in Paolo III; ma al tempo che correva insufficiente. I suoi più gagliardi pensieri, le viste più elevate, soggiacciono quasi al proprio peso. L'allaccia l'amor della famiglia; gode un istante e si affoga nel dolore Egli muore; i destini del mondo compiono il loro corso ». ZECCA Alla morte di Clemente VII la Zecca di Roma si trovava appaltata a Giacomo Balducci, fiorentino, ed incisore dei conî era Tommaso D'Antonio, perugino, detto il Fagiuolo, succeduto al Cellini nel giugno o nel luglio del 1533. * Benvenuto Cellini, non appena spirato il pontefice, il 27 settembre uccise il suo nemico e rivale Pompeo de Capitaneis che era pesatore alla Zecca, e commesso il delitto si rifugiò presso il cardinale Cornaro. Ottenuto un salvacondotto da Paolo III, 2 cominciò a lavorare alcuni coni per gli Scudi d'oro. Benvenuto così racconta la sua rientrata nella Zecca: « E fattomi [il papa] fare il salvacondotto subito lo cominciai a servire con grandissimo favore. Mi venne a trovare quel messer Latino Juvinale detto, e mi commesse che io facessi le monete del papa. Per la qual cosa si destò tutti quei mia nemici: cominciorno a impedirmi che io non le facessi. Alla qual cosa il papa, avvedutosi di tal cosa, gli sgridò tutti, e volse che io le facessi. Cominciai a far le stampe degli Scudi nelle quali io feci un mezzo san Pagolo con un motto di lettere che diceva: VAS ELECTIONIS. 3 Questa moneta piacque molto più che quelle che avevan fatto a mia concorrenza, di modo che il papa disse che altri non gli parlassi più di monete, perchè voleva che io fossi quello che le facessi e non altro ». 4 1 Benvenuto nelle sue memorie dice: « questi dua detti Milanesi [Pompeo de Capitaneis e Traiano Alicorno], veduto il papa mal volto verso di me, all' ultimo possettono tanto, che pure mi tolse la zecca, e la dette a un certo giovane perugino, il quale si domandava Fagiuolo per soprannome ». 2 Questo salvacondotto porta la data del 10 ottobre 1534 (Arch. Segr. Vaticano, Div. Cam. Clem. VII, lib. 109, cap. 217, t.). 3 Questo motto è allusivo alla elezione di Paolo III, fatta per acclamazione dal collegio cardinalizio, nel conclave del 13 ottobre 1534. 4 B. CELLINI, Vita, lib. I, cap. xv. Di questa moneta si conoscono numerosi e variati esemplari, fra i quali è facile riconoscere la mano del Cellini, come rileveremo in seguito. |