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Francesco e Domenico fondatori di due novelli ordini, suscitati a compiere gli alti disegni della provvidenza, raffiguravano quelle braccia che dovevano sostenere la basilica di Laterano, la madre e la cattedrale di tutte le chiese cristiane. "All' apparire di questi, il secolo comprese ch' egli era salvo, che nuovo sangue stava per essere infuso nelle sue vene: innumerevoli discepoli si schierano sotto a quelle bandiere animatrici: s'innalza un grido d'entusiasmo e di simpatia, che si prolunga attraverso i secoli, che dappertutto risuona così nelle costituzioni dei sommi Pontefici, come ne' canti de' poeti 10)., Così ritrattava quell'età uno dei più grandi genii viventi.

Qual parte avesse presa la Dalmazia colle vicine terre a tali grida di entusiasmo, quale vita ne avesse ritratta col propagarsi dei due ordini claustrali, siamo ora per dirlo, togliendo principio alla nostra narrazione dalla venuta di san Francesco su queste sponde.

Il santo patriarca d'Assisi, ardente di desiderio del martirio, tanto da lui sospirato per quell'eccessiva carità che spesso lo rendeva somigliante al suo Redentore, affidata ch' ebbe la cura dell'Ordine alle sollecitudini di frate Pietro Cattaneo, mosse, da Santa Maria degli Angeli verso Ancona 11), d'onde aveva in pensiero di passare più speditamente nella Siria per predicarvi ai Saraceni. Senonchè, prima di avanzarsi in alto mare, essendo colta la nave da una furiosa tempesta, e obbligata a veleggiare a discrezione dei venti, venne spinta verso i lidi della Dalmazia, e portata nelle vicinanze di Zara 12) fra le isole che prospettano le terre dalle quali si era partita. Chiusi quivi dall' impetuosa procella, e sprovveduti forse di una parte delle cose necessarie ad un viaggio, che fino a quel punto di poco o niente era progredito, furono costretti a cercare le provvigioni nella città più vicina. Il servo di Dio si valse di quest' opportunità per recarsi alla metropoli dalmata, dove, gli si riferiva, avrebbe trovato la favella e gli usi di sua patria. Nè fu senza frutto quella gita. Si avvenne in un popolo di venerande memorie cristiane, che ad esempio de' suoi maggiori non si ristava dall' accogliere con modi cortesi e benevoli chi delle celesti dottrine si faceva degno banditore, e con nuovi provvedimenti spirituali ne veniva a purificare i costumi e ravvivare la fede.

Il passo sopraccitato, dove si riferisce, che il Serafino di Assisi avendo stabilito nel sesto anno di sua conversione di portarsi a predicare ai Saraceni della Siria, lungo il cammino fu costretto da venti contrarii a ricoverarsi nelle terre della Schiavonia 13); questo passo, dico, così nudamente riferito dal più antico e copioso cronista dell'Ordine francescano, e ripetuto dipoi da altri senza altre chiose, porse argomento a varietà di pareri sul luogo di questo approdo, ad asseverare con fermezza che più domicilii quà e là fosser stati da lui eretti in ogni terra, dove il naviglio aveva a prendere il porto. Da tali infondati giudizii derivò, che gli scrittori delle cronache urbane, i quali ne'secoli più vicini a noi ebbero motivo di parlare de' patrii cenobi, si attenessero più a' racconti tradizionali che alle fonti autentiche, onde in più città e in più luoghi della costa dalmata tu leggi il suo arrivo; nè solo in quella prima partenza dall' Italia, sì bene in due, od anche in tre differenti viaggi. Non altramente derivò dalle asserzioni di coloro che seguirono alcuni annalisti veneti, dai quali si ritrae che nell'anno terzodecimo di sua conversione 14) fosse partito con numerosa schiera de' suoi figli dalla regina dell' Adriatico, e dopo varie soste fatte lungo le terre dell' Istria e del Quarnero, avesse approdato alle rive di Zara; ma questi pure errarono stranamente; imperocchè scrittori autorevoli dell'età sua ricordano quella partenza da Ancona, e narrano alcuni casi particolari di lui e della sua comitiva che in nessun modo potevano affarsi a Venezia. A togliere gli abbagli di tali pie credenze, onde venti e più monasteri avrebbero a vantare quell'origine, a dissipare i dubbi che corsero circa vari soggetti, pei meriti de' quali ebbero lustro queste monastiche famiglie

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e vantaggi non comuni le chiese del continente illirico, e a mettere in piena luce le loro vicende male comprese e spesso adulterate e contraddette, sarà ufficio nostro di far uso delle lettere autentiche di parecchi principi e prelati, dei brevi di varii Pontefici; parte originali, parte editi e rari, ne' quali v' ha tutto il fondamento e la veracità dei fatti che in questa e nelle seguenti epoche si successero fra noi.

La venuta di Francesco nella città di Zara non solo non venne da alcuno contraddetta, ma universalmente confermata da scrittori nostrali e forestieri, dalle tabelle monastiche e municipali, da varie epigrafi delle quali troviamo farsi cenno dai più insigni cronicisti dell'Ordine. Ottavio Spader, cittadino, e figlio di questo convento, felice investigatore delle antichità francescane, appose questa nota al passo sopra riferito : il patriarca d' Assisi istituì la provincia della Dalmazia nell'anno 1212, quando, sciogliendo dai lidi di Ascoli per passare in Siria, venne a Zara, portato dai venti orientali. Il padre Bomman, a cui piacque seguire i veneti espositori, trasse dalle antiche memorie dell' archivio delle benedettine di san Nicolò una leggenda in cui si narra come all'abatessa di quel monastero fosse stata restituita la sanità da san Francesco, come inaugurato il primo cenobio francescano. "Andavasi moltiplicando, dic' egli 15), il numero dei compagni di san Francesco; quindi egli destinò alcuni per la missione ai Saraceni di Spagna, e lui con altri si portò a Venezia, dove s'imbarcò su nave mercantile per passar in Siria. Si fermava la nave in varii porti di traffico, ed intanto egli si ritirava nei luoghi solinghi a far orazione, nei quali luoghi poi furono edificati dei conventi pei suoi frati. La sua maniera di vivere risvegliò la divozione nei mercadanti e marinari compagni del suo viaggio, i quali ovunque arrivavano facevano elogi alla di lui santità. Arrivati a Zara, ebbero a dire di lui alle monache benedettine di san Nicolò, in cui eravi l'abbadessa da due anni obbligata a letto. Questa come intese la venuta del Santo, pregò l'arcivescovo, perchè glielo mandasse, ond' essere da lui benedetta. Per ordine dunque del prelato v'andò Francesco, e giunto alla porta, con una maniera che caratterizzava la santità della sua missione, mandò chi dicesse all' inferma che venisse alla porta. Il non potersi ella muovere, non che camminare, faceva credere irragionevole il comando. Ma di fatto riferito dalle suore all' inferma, ella si levò da letto, come se nulla avesse, e fu alla porta. Il prodigio fu rimarcato, e dalle monache medesime riconosciuto, cedendo, col consenso dell' arcivescovo e dei rettori della città, una porzione del loro orto ed una casa (vicina alla chiesetta di san Girolamo), perchè colà si edificasse un monastero pei frati Minori, oggi chiamato san Francesco. Queste monache, previe le necessarie permissioni, professaro no poi la regola, che fece il Santo suddetto per le monache di santa Chiara 16). Di là partita la nave, prese porto all' isola di Pasmano. I monaci del monastero dei santi Cosmo e Damiano (di Tcon) pregarono il Santo a voler lasciare colà uno de' suoi compagni, e vi fabbricarono un convento., Questi è quel beato Florio, che morto in odore di santità, inspirò negli abitanti dell' isola di Pasmano, e di que' spessi e popolati villaggi, che fanno bella corona all' estremità orientale del dilettoso canale di Zara, un' altissima venerazione della vita francescana, cui seppero meritarsi i vegnenti con moltiplici opere benefiche fino ai nostri giorni. Se anche a Zara avesse frattanto lasciati più o meno degli aggregati all' Ordine, o nel ripatriare avesse seco condotto alcuno degli ammiratori di sue virtù, non troviamo rammentarsi; ma è probabile che nel suo ritorno alle Marche, seguito tosto che si ricompose il mare, dove, narrano le cronache, che peregrinando per tutto quell'anno, fondò quà e là conventi, e guadagnò molti illustri discepoli; probabile, dico, n' avesse inviato di là maestri di spirito, nè in vita avesse sì facilmente obbliato un cenobio da lui inaugurato, che fu il primo di queste terre a ricevere le sue benedizioni.

Al passo addotto dello Spader Ottavio, non meno che alla

narrazione di Bomman, rispondono concordemente monumenti antichissimi, una relazione splendidissima della Sede romana intorno alla fama di questo convento, da cui appare indubitabile la sua esistenza prima del supposto viaggio di Francesco da Venezia. A questo accennavano, dice uno dei più insigni istoriografi dell' Ordine 17), varie epigrafi ed iscrizioni sepolcrali esistite fino alla metà del secolo decimoquarto nella chiesa del convento, il cui selciato colle pareti e col chiostro attiguo, possiamo dirlo a gloria dei nostri maggiori, erano sempre riguardati quale monumento di storia patria, nè quel tanto che sopravisse all'ignoranza de' tempi, e alla barbarie del presente secolo, tiene oggidì parte ignobile fra le memorie di nostra attenzione; vi accennano le tabelle di questa cattedrale, salienti all' epoca dell' arcivescovo Leonardo, da prima abate del monastero di san Felice di Venezia, che tenne il pontificato della chiesa di Zara dal dodicesimo al sedicesimo anno di quel secolo; vi accennano le controversie insorte con Giovanni Venier, che fu suo successore, eletto nel 1218, e gli applausi che al suo ingresso senti farsi dell' edificante serafica osservanza di questa famiglia, dell' operosità sua nell' annunziare la divina parola, e nell' informare i fedeli alla purezza della dottrina cattolica; vi accennano e la congregazione di pie matrone adette al Terzo Ordine, prima del suo arrivo istituita, e un non scarso numero di cittadini, che stanchi delle cure del secolo, si erano ascritti ai penitenti del patrio monastero. Con linguaggio non meno evidente parlano di questo cenobio, come di famiglia nota per la sua riputazione, una pergamena diretta nel ventotto da Roma, con cui gli si prescriveva il modo di celebrare i divini ufficii negli oratorii e nelle chiese di suo uso nel tempo dell' interdetto, un'altra dello stesso anno che ne annunziava la beatificazione del Santo fondatore 18), una terza, estesa a Zara verso la metà del secolo, e registrata quale pubblico istrumento, che rammenta, come appunto riferisce il padre Bomman, la donazione promessa dalle monache benedettine alla

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