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160. 1702, 25 ottobre. - Giovan Battista Naso consente che i frati della Verna convertano in altri vasi sacri il reliquiario d'argento che conteneva l'ampolla del sangue di S. Francesco.

Havendo la b. m. del fu marchese Fabritio Naso, mio padre, donato per sua particolar devotione al convento e padri di S. Francesco del monte Alvernia un ornamento d'argento per conservare in esso una caraffa del sangue del detto glorioso S. Francesco, quale hora, per quanto mi vien riferto, sia rotta o in altra forma dispersa, e perciò che resti detto ornamento inutile e di niun profitto per detta chiesa, e desiderando detti padri farlo guastare e ridurlo in qualche altra forma che possa esser di servitio di detta chiesa, cioè o in un calice o lampada o altro che ad essi più parerà; per il che richiedendone a me, come figlio et erede di detto fu marchese Fabritio, il necessario consenso, e volendo io compiacere detti PP., acciò il tutto ridondi a magior gloria e devotione di detto S. Padre e sua chiesa: ho risoluto prestar l' appresso assenso, che però con il presente, che haverà vigore, presente, publico e giurato istromento consento, et ogni mio consenso sopra ciò necessario et opportuno do et presto, che li suddetti RR. PP. possino liberamente e senza alcuno scrupolo far guastare el suddetto ornamento d'argento, e con esso far fare o un calice o lampada o altra cosa particolare che ad essi paresse, perchè sia e debba essere in servitio et uso di detta loro chiesa e che non sia di minor peso di quello è il suddetto ornamento, e non altrimenti, e con condittione espressa che siano tenuti, come intendo di obligarli a far porre in detto. calice o altro, in che convertiranno detto ornamento, l'arma propria e distinta di casa Naso espressa nel sigillo sotto postaci e torno il nome di detto fu marchese Fabritio mio padre, altrimente il presente consenso sia nullo e nè possino in alcun modo valersene, promettendo il tutto haver valido e fermo in ogni miglior modo. In Capranica, questo dì 25 ottobre 1702.

GIOVAN BATTISTA NASO, mano propria.

Io Stefano Nardini fui presente [a] quanto sopra, mano propria. Io Giovan Bernardo Forlani fui testimonio a quanto sopra, mano propria.

Del suddetto ornamento, cioè detta lancia di argento si è convertita in una piside, quale il 15 di agosto 1703 si li messe il SS."0 Sacramento, e per esser la verità, io fra Bernardino di S. Piero,

sagrestano, l'ordinai e messi come sopra mano propria e nel mede simo tempo si levorno 2 calici antichi e se ne fece fare 5 lisci, come si pol vedere in sagrestia, e il tutto insieme venne di Fiorenza al tempo che era Guardiano il P. Dionisio dalla Pieve S. Stefano.

Dall'originale cartaceo, mill. 270×195, col sigillo del marchese Naso, filza I, n. 15 (B. n. 18).

161. 1703, 15 ottobre. Clemente XI concede una volta all'anno in perpetuo l'indulgenza plenaria ai visitanti la chiesa maggiore della Verna.

Clemens PP. XI: ad perpetuam rei memoriam.

Alias fel. rec. Innocentius PP. XII praedecessor noster etc., e segue il testo in tutto conforme al n. 157, a p. 215.

Datum Romae apud Sanctam Mariam Maiorem, sub annulo piscatoris, die XV octobris MDCCIII, pontificatus nostri anno tertio.

F. OLIVERIUS.

Dall'originale in pergamena, mill. 400×290, e non è che una ripetizione inutile e conferma del Breve dello stesso Clemente XI, come sopra al n. 157.

162. 1705, 2 ottobre. - Clemente XI concede una volta all'anno indulgenza plenaria ai visitanti la chiesa delle SS. Stimate, e reroca la stessa indulgenza concessa alla chiesa maggiore il 15 ottobre 1701.

Clemens PP. XI: universis Christi fidelibus praesentes literas inspecturis salutem et apostolicam benedictionem.

Ad augendam fidelium religionem et animarum salutem coelestibus ecclesiae thesauris pia charitate intenti, omnibus et singulis utriusque sexus Christi fidelibus ad sacra montis Alverniae loca in honorem sancti Francisci, qui signis inibi redemptionis nostrae mira Dei gratia, ut pie creditur, signatus fuit, dicata peregrinantibus, qui vere poenitentes et confessi, ac sacra Communione refecti, ecclesiam sub invocatione sacrorum Stigmatum eiusdem sancti Francisci in dicto monte sitam devote visitaverint, et ibi pro christianorum principum concordia, haeresum extirpatione ac sanctae matris. ecclesiae exaltatione pias ad Deum preces effuderint, plenariam om

nium peccatorum suorum indulgentiam et remissionem, quam etiam animabus fidelium defunctorum, quae Deo in charitate coniunctae ab hac luce migraverint, per modum suffragii applicare possint, semel tantum in anno per unumquemque lucrifaciendam, misericorditer in Domino concedimus. Praesentibus perpetuis futuris temporibus valituris.

Volumus autem, quod indulgentia perpetua alias eisdem Christi fidelibus visitantibus maiorem ecclesiam praefati montis per quasdam nostras desuper in simili forma Brevis expeditas literas concessa, per praesentes revocata sit, quodque earundem praesentium. literarum transumptis seu exemplis, etiam impressis, manu alicuius notarii publici subscriptis, et sigillo personae in dignitate ecclesiastica constitutae munitis, eadem prorsus fides adhibeatur, quae praesentibus ipsis adhiberetur, si forent exhibitae vel osten

sae.

Datum Romae apud Sanctam Mariam Maiorem, sub annulo piscatoris, die secunda octobris MDCCV, pontificatus nostri anno quinto.

F. OLIVERIUS.

Vidit et publicandi licentiam concessit hac die 20 mensis novembris 1705.

Ioannes Baptista Puccius, Vicarius Generalis.

Dall'originale in pergamena, mill. 410×255. Vedi sopra il n. 157 a p. 215.

163. 1706, 9 giugno. Ordini da osservarsi in questo sacro convento Alverna fatti in Capitolo Provinciale (1).

1. Che li garzoni secolari non si faccino entrare per le officine interiori; canneva, cucina, ecc.

2. Che non si faccino passar più pel convento mulattieri forestieri, essendovi la strada publica, eccettuato l'inverno.

3. Che doppo la processione del giorno, nessun religioso ardisca in chiesa maggiore ciarlare con secolari o donne.

4. Che quando vengono in convento religiosi forastieri, in refettorio i frati del convento non ci vadino a ciarlare.

5. Che si osservi il silentio nella sacrestia, choro, chiesa, bar

(1) Anche il presente titolo si trova nel documento originale.

beria, e per quanto si puole in dormitorio e fuoco comune.

6. Che il superiore locale non ardisca di dar travi della selva, o altri legnami, a' secolari, senza le licenze de' Discreti.

7. Che alli bettolai non si dia commodità di metter dentro il convento vino, nè pane, nè se gli dia chiave di stanze dentro di

esso convento.

8. Che li religiosi non vadino alle stanze del sig. Procuratore per ciarlar longo tempo con detrimento del choro.

9. Che le donne, sonata l'Ave Maria, si mandino all'hospitio loro a dormire, eccettuata la Pentecoste, il Perdono d'agosto e le sacrate Stimmate, e qualche accidente raro, che puol accadere.

10. Che non si allevino, nè si faccino allevare da altri fanelli

o altri ucelli per donarli a' secolari.

11. Che non si alloggino sbirri e fuorusciti o gente infame in convento, et in altri ospitii appartenenti al convento.

12. Che nessun frate ardisca di accompagnar donne più lontano della cappella del B. Giovanni senza licenza.

13. Che al Salutivo (1) li cercatori non faccino la cerca con il tertiario, che sta ivi, nè faccino accompagnar frati dal medesimo.

14. Che non si facci provisione di grano et oglio più di quello che probabilmente puol consumarsi in un'anno.

15. Che essendovi necessità di mandar novitii alle cerche, si mandino con fratelli laici provetti di sperimentata bontà, e vicino.

16. Che essendo necessario mandar alle cerche, non si mandino sempre l'istessi cercatori all'istessi luoghi, ma si mutino.

17. Che la quaresima della Benedetta si facci tutta o da tutta la comunità o da particolari.

18. Che si risarciscano le clausure dell'orto e prato, che minacciano rovina.

19. Che il communiere non si facci aiutare da donne in far spander panni della comunità.

20. Che si faccino dal Lettor Morale due lettioni de' casi la settimana, et in esse proponga tre casi da discutersi la domenica doppo vespro, cominciando dal sacerdote più giovine, e dicano il lor parere.

Io fra Antonio da Cerreta, Difinitore, confermo.

Io fra Francesco di Cetona, Difinitore, arciconfermo.

(1) Deve essere Salutio nel Comune di Caprese.

Io fra Anton Francesco di Marino, Difinitore, confermo.
Io fra Francesco di Casabasciana, Difinitore, confermo.
Io fra Antonio di Brandeglio, Custode, confermo.

Io fra Cherubino di Corsagna, ex-Provinciale, confermo.
Io fra Bonaventura da Fresciano, Ministro Provinciale, confermo.
Io fra Bonaventura di Rieti, Commissario Visitatore e Presi-
dente, ecc.

Supradictas Ordinationes confirmamus, approbamus, et adamussim servari mandamus etc. Datum Romae, in nostro conventu

S. Francisci Transtyberim, die 9 iunii 1706.

FR. ANTONIUS DE MONTE BUFO, vice - Commissarius Generalis.

Dall'originale cartaceo, mill. 395×275, filza IV, n. 37, col sigillo del Commissario Generale.

164. 1706, 4 agosto. Il P. Antonio da Monte Bufo, vice-Commiss. Generale, proibisce il tenere e allevare uccelli alla Verna.

M. V. Padre. Intendo che alcuni religiosi dimoranti in cotesto santuario, non riflettendo con matura consideratione alla santità del luogo, quale non ammette perdimento di tempo in allevar uccellini per tenerli in convento, o darli fuori a' secolari, non dovendosi ammettere scuse frioli, che molti talhora adducano, per spasso e divertimento religioso, potendosi quelli in qualsivoglia convento e molto più costi divertirsi in cose utili e fruttuose si all'anima, come al corpo, e per beneficio proprio e del prossimo; posciachè, se i religiosi che costi dimorano si rammentassero in che cosa il nostro S. Padre impiegava il tempo, sì di giorno come di notte in cotesto santo luogo, vederebbono che non era in allevar uccelli, ma bensi li suoi figliuoli nella santa oratione et immitatione della vita del Redentore, meritando perciò la remuneratione delle sacrate Stimate. Pertanto ingiungo alla P. V., che in virtù di obbedienza faccia levar a tutti quelli che havessero tali animali, et in avvenire non lo permetta ad alcuno. In caso poi, che trovasse repugnanza in qualcuno, V. P. di mio ordine lo facci mangiar in terra pan et acqua con la disciplina, non dovendosi profanare santuario si venerabile con simili cose, quali portano seco negligenza al servitio divino, inutil consumo di robba, et inordinato affetto alle cose del mondo. Tanto dunque eseguisca puntualmente V. P. e me ne dia

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