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PEDENA

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Un'altra chiesa vescovile, soppressa in sul declinare del secolo passato

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ed aggregata alla diocesi di Trieste, fu PEDENA, detta in latino Petina. Di lei scrisse il dotto Kandler: « Singolare comparsa parve a molti il vescovato » di Pedena nell' interno dell' Istria; si piccolo, che appena misurava le 3,7 leghe quadrate di superficie, che il prelato dalla sua residenza vedeva le » diocesi d'altri vescovi; si povero, che nel secolo decorso sommavano le » rendite a scarsi 400 fior. Pure antica e costante fama proclamava questo » vescovato per antichissimo, fondato da Costantino imperatore, e cer» cando ragione nel significato, che avrebbe in islavo la radice del nome, » lo si voleva per quinto nell' ordine d'erezione dell' orbe cristiano. » Ecco alcuni versi in onore di Pedena:

Quinta ego post Petri sedem, sum Petina sedes
Pentapolis veteri nomine dicta fui.

Urbs sum, sed potius moles ego saxea dicor,
Cui baculum Petrus petra situmque dedit.
Ergo silete urbes reliquae vos esse perennes

Quae terra aut mediis testa tenetis aquis.

Ma lasciando da parte siffatte tradizioni, che mal potrebbero reggersi a petto di una critica giudiziosa, così ne ragiona il dotto archeologo summentovato.« Del nome diremo, essere ben altro che slavo, ma invece di » antichissima lingua celtica già usata in queste regioni e nelle Alpi tutte, » e più a settentrione, e nel centro medesimo d'Italia; dato a Pedena prima che gli slavi si estendessero per queste provincie; PETENA dissero » i celti indigeni quella città, che Juvavia chiamarono i romani, ed i mo» derni Salisburgo. Difficile è il dire qualcosa sull'antica condizione di

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» Pedena, perchè le antiche memorie o furono tenute a vile, o rare sono » ad invenirsi; il reggimento feudale, che prevalse nei tempi medii, cangiò >> assai cose; le modificazioni moderne datano da troppi anni per leggere » nell'antico attraverso l'odierno stato. Pensiamo, che se non ampia questa » città o qualsiasi altra della marina, sufficiente fosse l'agro suo, ed ai » lempi romani fosse comune libero, esente dall' imposta fondiaria (il che » era appunto segno di libera condizione) e che assoggettato poi a censo » nel IV secolo al pari di ogni altra città o colonia, pagasse aversuale » eguale a quella cui venne assoggettata Pinguente. È forse di questa Pe» dena che intende far menzione Tolomeo nelle sue geografie, allorquando, » noverando le città mediterranee dell'Istria, registra: Pucinum, Pinguen» tum, Alvum, viziato il nome di Pucinum dagli amanuensi. Certamente la » condizione di Pedena non fu ignobile se formò propria chiesa, la quale » vuolsi fondata fino dai primi tempi del cristianesimo per opera di un » Ermagora, che ben potrebbe essere l'aquilejese, in cui onore s'alza la » chiesa di Lindaro; non ch' egli vi venisse di persona a predicare la fede, » ma che vi mandasse sacerdoti. »

Proseguendo poscia alle sue conghietture il dotto archeologo summentovato, studiasi di trovare un motivo dell' opinione comune circa l'antichità dell' episcopato di Pedena, mentr' egli reputa i vescovati dell' Istria non anteriori all'anno 524, e dice: « La fama di antichissimo episcopalo » facilmente potrebbe trovare ragione nel modo seguente. Predicata la fede e formatasi Pedena in comune religioso, appena data la pace alla » Chiesa da Costantino, fu conceduto ai petenati un corepiscopo, e non » avendo proprii martiri, fu fatto venire dall' Oriente il corpo di san Ni» ceforo, che dal prossimo porto di Fianona passò miracolosamente a » Pedena il di ultimo di dicembre come si ha memoria. Ducent' anni più » tardi, allorquando si fondarono i vescovati istriani, Pedena ebbe proprio » vescovo, il quale fu considerato successore immediato dei corepiscopi, » forse per la distanza rivestiti di poteri maggiori, che non di solito, é di qui la fama, che fosse fondato da Costantino. Non sarebbe però impos»sibile uno scambio nelle tradizioni, cioè, Costantino venisse tenuto quello » che era invece Giustino, e che il 524 dovesse invece dirsi 524, che fu » l'anno di fondazione dei vescovati istriani. » Checchè ne sia di queste ingegnose conghietture del Kandler, certo è che SAN NICEFORO è annoverato nei suoi dittici pedenati, siccome il primo vescovo di questa chiesa: tutt'al

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più ne resta indecisa l'epoca del suo episcopato; nel 524, secondo alcuni, nel 524, secondo lui. Le notizie, ch' egli ce ne dà, sono queste. «È vero» simile, ei dice, che fosse il primo vescovo, e che al pari degli altri istriani » venisse assunto nel 524, regnando re Teodorico, per volontà di papa » san Giovanni I, ad istanza dell' imperatore bizantino Giustino. » Delle azioni di questo santo vescovo ci porge poscia le seguenti notizie. « Calun» niato dai proprii, che lo imputarono di cose sconcie, venne chiamato » a giustificarsi dinanzi il metropolita aquilejese, al quale manifestatosi » per ripetuti miracoli, non ebbe d'uopo d' altro. Le sorgenti presso Pin» guente, due presso Trieste, tra le quali l'acqua del fontanile presso la » parrocchiale di sant' Antonio nuovo, si attribuiscono scatturite miracolosamente a sua intercessione. Reduce da Aquileja per la via di mare, » toccò il porto di Umago, e vi morì il dì 6 di settembre di anno ignoto. » Il santo corpo insieme a quello del suo diacono san Massimiliano sono » venerati nel duomo di Umago; la destra di lui fu trasmessa a Pedena. » Se vogliasi ammettere la conghiettura del Kandler, che nel diploma di dotazione e di consecrazione della chiesa di santa Maria formosa, ossia di Canneto di Pola, dell'anno 546 abbiasi a leggere Petenensis anzichè Brixinensis, per isbaglio dei copisti; il vescovo, che vi è sottoscritto Theodorus Brixinensis, avrebbesi a riputare immediato successore di san Niceforo. La quale conghiettura di lui è corroborata altresì dalla notizia, che la chiesa di Bressanone, o seppur si voglia di Brescia, non aveva in quell'anno un vescovo di simil nome; nè inoltre sembra verisimile che da città si lontana intervenisse alla sottoscrizione di quel diploma un vescovo, che nemmeno poi apparteneva a questa ecclesiastica provincia.

Ammesse pertanto queste non irragionevoli conghietture, abbiamo secondo vescovo di Pedena il summentovato TEODORO; a cui nel 579 era di già succeduto MARCIANO, uno dei vescovi, che furono al sinodo gradense del patriarca Elia, da me alla sua volta recato (1) Dopo di lui, si trova nel 679, URSINIANO intervenuto al sinodo romano del papa Agatone. Un vescovo di Pedena, assisteva, nell' anno 804, al parlamento tenuto nella valle di Risano dai legati di Carlo Magno, circa i lamenti degl' istriani contro il duca Giovanni: questo vescovo il Kandler, per semplice congettura, nominò LORENZO Nè sino al 961 se ne trova alcun altro. Nel qual

(1) Pag. 58 e seg. di questo vol.

anno un FREDEBERTO si trovava con altri vescovi alla consecrazione del duomo di Parenzo, e questo medesimo anche nel 975 lo si vede commemorato in atti dei patriarchi aquilejesi. Poi si prosegue sino al 1002. Un atto, con cui Woldarico marchese dell'Istria disponeva di alcuni beni, ci mostra sottoscritto un Dei gratia petenensis episcopus; ma del suo nome cancellato dal tempo non si rileva, che l'ultima lettera 0: sicchè non vi si può conghietturare chi fosse. Nel 1015, uno STEFANO era presente alla donazione di Giovanni patriarca di Aquileja al prevosto e ai canonici di santo Stefano di Cividale. WOLDARICO Vescovo di Pedena era, nel 1034, tra i vescovi che assistevano alla solenne consecrazione della basilica patriarcale di Aquileja. Nel 1079 è commemorato un Ezzo; nel 1085, un PIETRO, il quale si trovava presente al diploma, con cui il patriarca Woldarico donava al monastero belinese la chiesa e il monastero di san Giovanni di Tuba al Timavo.

Di altri due vescovi fin qui sconosciuti posso dare notizia: GoTPOLDO, che nel 1156 sottoscriveva ad un diploma del patriarca Pellegrino a favore del monastero di Mosacio: e CORRADO, che si trovava ad una donazione di alcune chiese, fatta dalla contessa Sofia il dì 18 giugno 1170, in Ecclesia 8. Mariae de Folina in Valle Mareni, in diocesi di Ceneda (1). Poi, nel 1175, trovasi il vescovo FEDERICO, commemorato in un diploma del patriarca Vodalrico, e nel 1176 presente alla donazione del predio di Mittelbach alla chiesa di Novacella in Tirolo, fatta da Engelberto conte di Gorizia. Quattro anni dopo, cioè, nel 1180, ci si mostra un vescovo POPONE, testimonio ad un diploma del patriarca Goffredo; egli è commemorato anche nel 1188 in atti dell' arcidiaconato di Aquileja, della propositura di Cividale, dei monasteri mosacense e belinense. Fu protratto da taluni il pastorale governo di Popone sino all'anno 1220: ma cotesto prolungamento fu conseguenza dell' àvere ignorato i nomi di due vescovi successori di lui, dopo i quali venne un altro Popone, che toccò poi l'anno suindicato. I due vescovi furono, VIGARDO, di cui si trova memoria in un documento dell'archivio di Parenzo, appartenente all' anno 1200, indictione III, die vero VII intrante Octobri in Civilale Austriae etc. (2); e FEDERICO II, di cui trovasi memoria nei regesti del vescovato di Parenzo, dall'anno 1200

(1) Ved. Annal. Camald., tom. IV, Append.. pag. 32.

(2) Coleti, ms. ined, della marciana, col. CLXVI della clas. IX, cart. 284 a tergo.

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al 1203. Ed in quest'anno appunto 1203 s'incomincia a trovare menzione del vescovo POPONE II, cui, per la notizia dei due commemorati di sopra, non dobbiamo confondere col vescovo Popone del 1180. Di esso nel 1203 offrono memoria gli atti dell'archivio parentino, talvolta col nome di Popone e talvolta col nome di Pompeo; è nominato Popone anche nel 1215 e nel 1220. Quind' innanzi non si ha notizia che della somma desolazione, in cui trovavasi la chiesa pedenate. Essa nel 1258 era vacante e non contava più di un canonico. Gregorio IX, pontefice, pregato a sopprimerla ed a trasferirne la cattedra in Ortemburgo nella Carintia, chiedeva da Viterbo distinta relazione e prudente parere ai vescovi di Emonia e di Trieste. Tuttavolta non fu soppressa: continuò ad avere il suo vescovo. Ne occupava infatti la sede nel 4239, PIETRO II da Montemarte, il quale nel detto anno consecrava la chiesa di san Giovanni di Titignano nella diocesi di Orvieto. E dopo di lui sedeva vescovo di Pedena, nel 1253, ENRICO da Orsano, già prevosto di Cividale (1); a cui succedeva, nel seguente anno 1254, un OTONE, commemorato tra i personaggi, che fecero doni al monastero di Sittich nel Carnio. Nel 1265, n'era vescovo un VIXARDO; nel 1275, un BERNARDO, il quale consecrò due altari in Hams nel Tirolo ed ebbe onorevoli incarichi dal papa Nicolò IV. Troviamo, che nel 1295, il veSCOVO ULRICO fu scomunicato dal patriarca di Aquileja, per non avere obbedito a replicate citazioni di lui. Successore di questo fu il domenicano FB. ODORISIO Bertrami da sant' Apostolo, in diocesi di Orvieto, del quale non altro si sa, tranne che prima di essere vescovo era stato cappellano del cardinale Napoleone Orsini, e che nel 1310 viaggiando per recarsi in patria a rivedere i suoi fratelli, mori in Pola ed ivi fu sepolto presso i frati francescani. In quel medesimo anno gli si trova sostituito FR. ENOCH, eremita agostiniano; del quale si ha notizia sino dal 1315, per la consecrazione da lui celebrata della chiesa di santo Ambrogio di Montefalcone (2): ed in un documento dell' archivio di Oberburg (3) è ricordato sotto l'anno 1548. Egli per autorità del patriarca di Aquileja, segnata il dì 10 aprile 1522, aveva ottenuto licenza di trasferirsi per qualche giorno a Lubiana presso i religiosi del suo ordine dove anche morì. Dopo di lui ci si presenta, circa il 1524, il vescovo DOMITORE, che il Kandler nominò

(1) Ved. il Coleti, luog. cit.

(2) Mss. Miscell. dall' Arch. di Udine.
(3) Ved. il Coleti, mss. ined. della Mar-

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ciana, cod. CLXVI della clas. IX lat., cart. 286 a tergo.

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